Cultura

La chiesa delle acque

Non tutti conoscono la diruta chiesa di San Vittorino, nei pressi di Cittaducale: un luogo suggestivo grazie alla sorgente d’acqua che sgorga al suo interno, il cui fascino ha ispirato una visionaria sequenza cinematografica del grande regista russo Andrei Tarkovskij

Lungo l’antico percorso fra Rieti e la conca dell’Aquila, a breve distanza da Cittaducale, si trova il rudere della chiesa di Santa Maria in San Vittorino.

L’edificio, che si affaccia sulla piana omonima, è noto anche fuori dai confini della comunità locale per le sue particolarissime caratteristiche ambientali, che hanno ispirato il grande regista russo Andrei Tarkovskij, allora esule in Italia, nella scelta della location del film Nostalghia nel 1983.

La presenza della “Chiesa sommersa” all’interno della quale oggi scaturisce una sorgente, porta con sé la memoria e il segno di avvenimenti e condizioni naturali che tracciano e scandiscono l’articolata storia dei luoghi e le progressive trasformazioni da essi subite, intrecciandosi con le vicende relative alla memoria del martire di Amiterno.

La storia di San Vittorino inizia e si conclude attorno al tema ricorrente dell’acqua. La presenza della Chiesa è legata infatti a quella del sito noto nell’antichità col nome di Aquae Cutiliae, il cui fulcro era rappresentato dal complesso di edifici oggi noto come Terme di Vespasiano. L’intera area, che si estendeva lungo l’antica Salaria, fra Caporio e Paterno, era sede di un monumentale stabilimento destinato alle cure termali, legato alle virtù terapeutiche delle acque e insieme alla divinità Sabina Vacuna, venerata in corrispondenza del lacus Cutiliae, identificabile con l’attuale lago di Paterno. Alla decadenza del vicus Aquae Cutiliae e dei luoghi di culto e cura ad esso legati, segue l’edificazione di un primo luogo di culto cristiano, un parvo sanctillo nelle parole delle fonti, che segna la cristianizzazione dei luoghi.

Con l’arrivo dei Longobardi e l’ascesa di Farfa si assiste all’impianto, nello stesso territorio, di alcune parrocchie di campagna, le pievi, legate alla presenza di strutture agricole (curtes) dipendenti dai poteri centrali. Una delle pievi corrispondeva ad una piccola chiesa in octavo, cioè a otto miglia da Rieti sulla Salaria in direzione di Ascoli, dedicata a San Vittore. Su questa piccola struttura, corrispondente con il parvo sanctillo prima citato gli Abati di Farfa vollero fosse impiantato il culto di Vittorino.

L’intitolazione a San Vittorino avviene infatti attraverso una sorta di sostituzione, causata probabilmente dagli interessi politici dei Farfensi, che avevano interesse a connettere i territori del Reatino con quelli dell’Abruzzo aquilano. Tale interesse potrebbe aver contribuito a sostituire Vittore con San Vittorino di Amiternum, il cui martirio, già registrato nel Martirologio Geronimiano (V secolo) come avvenuto ad Amiterno, è descritto dal Martirologio di Adone di Vienne del IX secolo presso «eum locum qui Cotilias appellatur ubi putentes aquae emanant et sulphureae». La tradizione vuole che Vittorino, appeso a testa in giù, fosse costretto a respirare le esalazioni delle acque termali di Cotilia per giorni, finché non morì avvelenato. Il luogo del martirio coincide quindi nelle fonti con quello del parvo sanctillo dell’VIII secolo su cui si innesterà, nel XVII secolo, l’edificio attuale.

L’acqua cambia significato, da elemento curativo a strumento di martirio; ed è sempre l’ acqua a causare, poco più di un secolo dopo la sua realizzazione, la decadenza di San Vittorino fino a portarla nella condizione attuale.

L’edificazione della Chiesa nella configurazione odierna risale al periodo fra il 1606 e il 1613, come indicato dalle iscrizioni sulla facciata di ingresso parzialmente sprofondata nel terreno, per volere del vescovo Pietro Paolo Quintavalle. Il nome dell’architetto di San Vittorino coincide con il maestro lombardo Antonio Trionfa da Domodossola, scarpellinus “de villa Roscie de Val Premia”, a cui si deve l’assetto a croce greca, che ricalca la tipologia rinascimentale e barocca degli edifici di culto a impianto centrale.

Nel momento del suo massimo splendore la Chiesa cambia nuovamente intitolazione; San Vittorino diviene l’attuale Santa Maria in San Vittorino, e diviene, purtroppo solo per un breve periodo, un importante luogo di culto per la comunità di Cittaducale. L’acqua infatti inizia a sommergere la Chiesa durante il XVIII secolo. Il progressivo deterioramento di San Vittorino porta alla chiusura del fabbricato agli inizi del 1800, ma il sito continua ad essere frequentato dalla comunità come meta di pellegrinaggio spontaneo per le proprietà curative attribuite alla sorgente che sgorga all’interno.

a cura di Alessandro Betori e Paola Piermattei, Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le Province di Frosinone, Latina e Rieti