Istruzione, che sia per tutti

L’impegno, oggi, a cominciare dalla scuola e dall’istruzione, che sono opportunità concrete per migliorare la vita delle persone, deve essere globale

Cominciamo da qui: Save the children lancia un allarme inquietante e spiega che a causa della pandemia 11 milioni di ragazze rischiano di non tornare più a scuola. La denuncia è forte ed è stata presentata in occasione della partecipazione al Women-20 Summit, una tre giorni di incontri e dibattiti dedicati all’empowerment femminile, che si è svolta a Roma nei giorni scorsi.
Un comunicato dell’associazione spiega che il mancato ritorno a scuola può avere “impatti potenzialmente devastanti sulla loro salute, sulla loro sicurezza e sul loro benessere. La perdita dell’opportunità di ricevere un’istruzione espone bambine e adolescenti al rischio di sfruttamento del lavoro minorile, matrimoni e gravidanze precoci, con una situazione che nellultimo anno è peggiorata drammaticamente. Se a livello globale, infatti, i minori dei Paesi più poveri hanno perso il 66% in più di giorni di scuola rispetto ai coetanei che vivono nei Paesi più ricchi, la situazione è ancora più grave per le bambine: nei Paesi a basso reddito hanno totalizzato, in media, il 22% in meno di giorni distruzione rispetto ai loro coetanei maschi. Anche se nei Paesi più ricchi il gap di genere è minore (le ragazze hanno perso oltre il 3% distruzione rispetto ai coetanei dellaltro sesso), bambine e ragazze restano svantaggiate: basti pensare che alla fine del 2020, nel nostro Paese, più di 1 ragazza su 4, tra i 15 e i 29 anni, era intrappolata nel limbo dei Neet, cioè coloro che non studiano e non lavorano”.
Perché partire da qui? Anzitutto perché ci permette di alzare lo sguardo oltre la nostra situazione italiana, provocando a riflettere una volta di più su come la realtà della pandemia ci spinga a considerare il mondo globale e non solo il nostro orticello. Non possiamo stare bene noi se non stanno bene tutti. In altre parole: bene pensare alla nostra scuola, ai temi del ritorno in presenza, alle discussione sui vaccini a studenti e insegnanti e a tutto quanto ci sta intorno. Ma cosa ce ne facciamo di un’oasi di serenità – ammettendo di raggiungerla – se intorno c’è un deserto di disperazione? L’impegno, oggi, a cominciare dalla scuola e dall’istruzione, che sono opportunità concrete per migliorare la vita delle persone, deve essere globale.
La denuncia di Save the children interpella tutti. Naturalmente in primo luogo il mondo politico, i capi di governo, la comunità internazionale. Ma nessuno è escluso, perché una mentalità che consideri il mondo come un bene condiviso va costruita a tutti i livelli, compresi quelli – e qui torniamo alla scuola – dei più piccoli.
Per questo la scuola deve restare al centro degli impegni di un Paese. Perché è attraverso la scuola e l’istruzione che si costruiscono comunità e politica. E qui ci aiuta una dichiarazione del ministro Patrizio Bianchi al Segmento ministeriale del Global Education Meeting 2021 dell’Unesco, a margine del Forum politico di alto livello per lo sviluppo sostenibile, anch’esso pochi giorni fa. Per il Ministro La scuola deve restare al centro delle politiche di rilancio nella fase di uscita dall’emergenza. Tema fondamentale, come ribadito nel G20 Istruzione che si è tenuto a Catania, è la lotta alle nuove disuguaglianze. In un tempo di trasformazione sociale come quello in cui stiamo vivendo dobbiamo ripensare la scuola. Sapendo che non esiste una soluzione solo nazionale: uscire dalla pandemia è un’azione collettiva. Cè un duro e lungo lavoro che ci aspetta insieme ai governi di tutti i Paesi. E l’Unesco deve operare per questo sforzo comune.
Azione collettiva, sguardo che vede lontano, impegno internazionale: sono temi che interpellano anche la nostra scuola.