Dar Al Islam, la rivista in lingua francese di Daesh. Pagine intrise di odio e con la guida del Corano

E’ uscito il numero 10 della rivista “Dar Al Islam” del sedicente Stato Islamico in lingua francese. Si diffonde via web e tweet ed ha una grafica curata e un piano editoriale accuratamente studiato. Ricco di riferimenti all’attualità politica della Francia è scritto sicuramente da francesi di lingua madre francese. Precisi e puntuali anche i rimandi ai testi della giurisprudenza musulmana. Per questo il sociologo Omero Marongiu-Perria si dice convinto che “non possiamo combattere Daesh se il mondo musulmano non fa una rottura chiara con tutte queste referenze”

Daesh è tra noi. Più di quanto noi possiamo immaginare. Ci osserva, parla perfettamente la nostra lingua, segue le nostre vicende nazionali e alimenta odio e disprezzo verso di noi e quanto facciamo. Si chiama “Dar al Islam” (Casa dell’Islam) la rivista che il sedicente Stato islamico pubblica in lingua francese e diffonde  sul web entrando indisturbato senza bussare negli account mail dei nostri ragazzi, nelle nostre case, nei luoghi di lavoro. Risale al 2014 il primo numero ed era dedicato al tema “Lo Stato islamico e il suo territorio. Prove del Califfato”.  Poi con cadenza trimestrale è arrivato al numero 10 evolvendosi sia dal punto di vista grafico che di contenuto. Al Sir è arrivato per e-mail via wetrasfer perché il file è pesante. La rivista viaggia sul web, contando sul fatto che Daesh ha la capacità di inviare ogni giorno circa 30/40 mila tweet e nei tweet ci sono i link. Tutti quelli che seguono Daesh ricevono quei link da cui possono scaricare facilmente i file. La più grande rivista dello Stato islamico è scritta in inglese e si chiama “Dabiq”. E’ una città nel Nord della Siria che è considerato il luogo in cui ci sarà una specie di grande guerra prima della fine del mondo.

Dar Al Islam. I primi numeri erano artigianali, poi nel tempo sono arrivati ad avere un disegno grafico più accurato e ad un contenuto più studiato. Il numero 10 si apre con un editoriale a firma di Abballa Larossi, l’attentatore di Magnaville nella periferia di Parigi che il 13 giugno scorso ha accoltellato a morte una coppia di poliziotti. La rivista ha trascritto per intero il video di 13 minuti che il ragazzo ha registrato sull’applicazione Facebook Live dopo l’esecuzione. Si prosegue poi con il “Testamento” di uno sceicco che si rivolge a tutti i mujahidin e li invita a non abbandonare mai la jihad. Da pagina 6 fino a pagina 25 c’è una lunga analisi dal titolo “Attentati sulla via del Profeta” in cui si puntualizza  la conformità dello “Stato islamico” ai testi religiosi della giurisprudenza islamica.

“GameOver” è il titolo della copertina che rimanda all’articolo principale della rivista in cui l’autore (sempre anonimo) decreta la sconfitta della Francia e inneggia ai soldati del Califfato presenti “nelle terre del nemico che corrono verso la morte e incontro al loro Signore”. Dopo un “Messaggio alle donne del Califfato”, prende la parola la moglie di “un guerriero”. E’ il racconto (scritto benissimo) del loro lungo viaggio dalla Francia alla Siria, passando per l’Egitto,  e concludendosi con l’addio del marito alla moglie prima di farsi esplodere al terzo giorno di Ramadan dentro un camion imbottito di 7 tonnellate di esplosivo contro una prigione di al-Barakah. Prima di azionare la bomba, alla radiolina, il ragazzo avrebbe detto: “Fratelli, oggi romperò il mio digiuno in Paradiso se Allah lo vuole”.

Nella parte finale della rivista, ci sono le “rubriche”. La prima è sulla “sicurezza informatica” ed è a puntate: 8 pagine, molto tecniche, in cui si spiegano tutti i dettagli per “criptare interamente il telefono”; installare Orfox, il nuovo browser Android che consente di navigare sul web in maniera anonima;  presentare la “ChatSecure” una applicazione libera – si spiega – per telefoni iPhone e Android che “permette di comunicare in tutta confidenzialità” e infine nell’ultimo paragrafo si spiega come utilizzare i messaggi criptati PGP per Android, applicazione che rende “le vostre conversazioni completamente illeggibili”.

In ogni numero c’è poi un’intera pagina dedicata agli “apostati”: la grafica si presenta come una vera e propria scheda in cui si segnala il nome “dell’apostata” la funzione, l’indirizzo, le cause dell’apostasia e il “giudizio legale”. Il numero 10 della rivista Dar al Islam se la prende con un imam francese e la sentenza è estrema: “deve essere ucciso senza esitazione”. La rivista si conclude con una serie di notizie brevi di guerra, attacchi mortali e numero di morti “miscredenti” dal fronte dello stato islamico che si concludono tutte con una lode ad Allah.

E’ un mistero sul luogo in cui viene scritta la rivista e sui suoi autori. “Quello che sappiamo – ci spiega Omero Marongiu-Perria, sociologo francese esperto del mondo musulmano – è che hanno tutte le informazioni sull’attualità della Francia. Fanno riferimento a tutti i temi più caldi affrontati dai protagonisti delle vicende dell’islam francese e della politica, dal primo ministro Manuel Valls a Bernard Cazeneuve. Sono sicuro che è scritta da francesi che usano il francese come lingua madre”.

E poi c’è un altro lato che emerge dalla rivista ed è quello dei riferimenti che rimandano all’Islam classico. “Se tu ascolti i leader dell’islam presenti in Europa – dice il sociologo -, tutti dicono pressappoco la stessa cosa e cioè che Daesh non ha capito bene l’islam. E’ una bugia, o almeno è un modo per non entrare nel cuore del problema. La problematica vera è che la giurisprudenza musulmana risale e si è fermata al periodo del medioevo musulmano e trova nel paradigma dell’egemonia la sua chiave di interpretazione e di senso”. Si ha l’impressione di trovarsi davanti a persone ben formate che danno tutte le referenze alle loro argomentazioni. “Per questo – conclude lo studioso – sono convinto che non possiamo combattere Daech se non si fa una rottura chiara con tutte queste referenze”. La sfida ricade su tutti i leader musulmani. “Sui capi delle associazioni, gli intellettuali, i conferenzieri.  Dobbiamo scrivere  altri libri – dice Marongiu-Perria -. Dobbiamo avere un’altra esegesi del Corano e testi che spiegano come vivere l’islam nel mondo contemporaneo”.