Incontro del vescovo con i giornalisti: «la comunità è la buona notizia»

È stato un momento interessante quello dell’incontro del vescovo con i giornalisti e gli operatori della comunicazione, svolto ieri mattina nel salone degli stemmi del palazzo papale di Rieti. Perché cronisti, direttori di testata, operatori video e fotoreporter del panorama locale si sono incontrati e confrontati – non succede spesso – per discutere su come cavare da ogni notizia uno sguardo di speranza e fiducia.

È emerso così una sorta di terreno comune: un ragionamento sulla “buona notizia”, un tentativo di capire se è possibile offrire ai lettori qualcosa di meglio della disperazione e del sospetto.

Uno sforzo tanto più importante se è vero – come ha spiegato Lucia Annunziata – che in una stampa sempre più omologata, per trovare cose particolari e positività nascoste occorre andarle a scovare nei media locali.

La direttrice dell’«Huffington Post», invitata dal vescovo ad arricchire l’appuntamento, ha preso le mosse dal messaggio di Papa Francesco per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali offrendo il contrappunto di uno sguardo laico, da «miscredente» ha detto scherzando don Domenico. A tenere insieme le cose la convinzione che dal settore dei media deve arrivare una« iniezione di fiducia».

Un movimento in apparente controtendenza tanto nel panorama generale, tanto in quello drammatico del terremoto. Ma proprio qui Annunziata ha trovato la buona notizia: è «quella che la gente combatte, la gente resiste, la gente vuole vivere, non si arrende». Un punto su cui lavorare tenendo conto del fatto che la mente delle persone come «un mulino sempre in funzione», e la stampa ha «la possibilità di decidere se macinarvi grano o zizzania».

Anche se oggi il panorama dei media si è fatto più complesso, con l’arrivo dei social e l’espandersi della rete internet. Ma proprio in questo marasma la Chiesa – ha ammesso la giornalista – ha scelto di esserci: «Ricordo le critiche a Ratzinger, primo papa a scendere su Twitter: fu risposto che lo faceva perché la Chiesa deve stare dove sono gli uomini e le donne». La nuova piazza sono Facebook e Twitter: luoghi che lasciano campo aperto anche alle “bufale, alle fake–news, alla «post–verità». Fenomeni che da un lato hanno a che fare con la possibilità di comunicare senza intermediazione, e dall’altro derivano dalla progressiva tendenza a credere «non ai fatti, ma a quello che si pensa siano i fatti».

Siamo cioè passati «dalla verità assoluta alla verità che ti piace sapere»: un segno della crisi dell’autorità che non coinvolge solo la stampa: «L’idea che non c’è più un fatto di cui ti fidi e un giornale di cui ti fidi – spiega Annunziata – è l’espressione profondissima di una disconnessione sociale fra i cittadini e il resto delle istituzioni».

Qui torna l’invito del Papa alla buona notizia: si può scegliere di comunicare ciò che è positivo e fa crescere anche per «non cedere il passo all’idea che non esista una verità comune, un qualcosa che può essere verificato e valido per tutti». La good news è: non rinunciare a pensare che siamo tutti parte di una comunità.