Impressioni dall’abbazia San Salvatore maggiore

Tra Pratoianni e Vaccarecce nel Cicolano c’è l’abbazia San Salvatore maggiore. Da qualche giorno è possibile fare visite guidate tra le sue mura secolari, dopo un lungo restauro ancora da ultimare. Per darne un’idea non proverò nemmeno a raccontare la sua storia, c’è chi lo fa molto meglio di me. Parlerò invece delle mie personali sensazioni entrando in quel ex convento.

La parete imponente, come un mare verticale cristallizzato nella pietra, è un biglietto da visita di tutto rispetto. Sembra già di stare in un altro mondo vedendo il verde assoluto che circonda l’edificio. All’arrivo della guida si addensa il gruppo dei visitatori intorno alla porta e cambia tutto. Fresco innanzitutto, e d’estate l’effetto è considerevole. E poi bianco, di perla. Subito sale un senso di reverenza e grandiosità.

L’istinto in questi luoghi è di guardare in alto. E si scoprono volte originali alternate ad altre moderne. Infatti fin dall’inizio si avverte sul carattere ricostruito dell’abbazia come appare oggi. Dagli splendori medioevali (la costruzione risale al 735) le successive distruzioni hanno lasciato solo rovine. Eppure l’effetto finale non è quello di un rattoppo, sembra invece di vedere una pietra preziosa incastonata nel ferro. Attraverso corridoi e stanze si percorrono anche molti secoli, oscillando tra antica Roma ed epoca moderna come è tipico dei tesori culturali italiani.

Il racconto della guida si snoda attraverso Carlo Magno, la vita quotidiana dei monaci, l’eredità dei Romani e le peculiarità del territorio. Tutto stimola l’immaginazione; le pietre reali invitano la fantasia a rivivere quei tempi nella propria testa. Qualcuno ha paragonato le rovine delle civiltà scomparse all’allegoria, la figura retorica in cui cose concrete rappresentano concetti astratti. Le rovine dell’abbazia, riportate a nuova vita dal restauro, trasmettono ricchezza e spiritualità al tempo stesso. Ma le interpretazioni possibili sono infinite e sempre diverse.

Tutto questo avevo in mente sulla via del ritorno. All’improvviso lo sguardo placidamente impertinente di una mucca, che rivendicava per sé la corsia dove guidavo, mi ha riportato con i piedi per terra. Ho pensato allora che quella era stata soprattutto una piacevole esperienza. E che abbiamo la fortuna di poter fare, con un piccolo viaggio, un viaggio straordinario.