Chiesa di Rieti

«Impariamo l’arte del benedire e saremo anche più felici»

In occasione dell'anniversario della traslazione delle reliquie, il vescovo Vito ha presieduto in cattedrale un momento di comunione con la Pia Unione e i fedeli reatini in memoria di sant'Antonio di Padova

«Cristiano, diventa ciò che sei». È rifacendosi ai padri della Chiesa che il vescovo Vito ha presieduto in Cattedrale la Messa in occasione della festa della Traslazione delle reliquie e della lingua di sant’Antonio di Padova. Un’occasione che lo ha visto poco prima incontrare l’omonima Pia Unione cittadina, accompagnata dai cappellani e dal referente diocesano per le confraternite padre Mariano Pappalardo, per un momento di conoscenza reciproca e pensare insieme al prossimo Giugno Antoniano.

La celebrazione vissuta la scorsa domenica è stata infatti una sorta di tappa di avvicinamento agli attesi festeggiamenti estivi in onore dell’amatissimo “santo dei miracoli”. Un cammino da vivere cercando ogni anno un maggiore avvicinamento alla spiritualità francescana di sant’Antonio, a quella Parola che proprio la sua lingua incorrotta porgeva agli uomini e alle donne del suo tempo.

Giocando un po’ con l’esperienza di ciascuno don Vito si è rifatto alla domanda che tutti hanno sentito davanti a un bimbo appena nato: Somiglia di più al papà o alla mamma? «A rispondere bisogna essere cauti», ha notato il vescovo, perché la fisionomia dei piccoli cambia in fretta. E lo stesso vale quando ci si pensa figli di Dio, una condizione nella quale la somiglianza è tutta da conquistare. C’è la grazia battesimale, ma non basta: i lineamenti di Dio padre siamo chiamati a svilupparli di continuo. Un cammino di perfezione nel quale non ci si può mai sentire arrivati e che ci interroga di continuo sulle nostre relazioni, con Dio e con gli altri.

È qui che le cose si fanno difficili, perché siamo avvezzi a dividere il prossimo in amici e nemici. Ed è proprio la pagina evangelica della domenica a far misurare ciascuno sul bisogno di bonificare le relazioni, di disinnescare i conflitti, di avvertire per tutti un senso di fratellanza necessario, ma tutt’altro che facile.

«Già la legge antica aveva messo un limite alla cattiveria umana, aveva cercato di limitare i danni: “occhio per occhio, dente per dente” vuol dire che il male restituito dev’essere proporzionato. Ma Gesù prende questa legge e la sovverte, dice “amate anche i vostri nemici”», ha spiegato mons Piccinonna. In fondo anche noi, da Dio, «siamo amati a perdere, gratis, senza nessun merito. E questo non aver meriti diventa un motivo di responsabilità e di cura».

Cogliendo la ricorrenza dell’anniversario della traslazione della lingua di sant’Antonio, il vescovo ha invitato a condurre questo atteggiamento nel nostro parlare con gli altri e degli altri, ad avere una lingua esperta di benedizioni e non di maledizioni. Senza di questo, «il culto verso Sant’Antonio e la sua lingua è inutile». E allora l’intercessione da chiedere al frate francescano, come a tutti i santi, è quella di aiutare ciascuno a vivere la nostra vita come una benedizione per gli altri, a recuperare quelle relazioni sfilacciate che sono nelle nostre famiglie, nelle nostre comunità. «Impariamo l’arte del benedire e saremo anche più felici», ha concluso il vescovo.