Il vescovo Domenico affida al Vangelo del giorno gli spunti per le conclusioni del’Incontro Pastorale 2018. «Gesù lascia la regione di Tiro e passando attraverso il territorio di Sidone va oltre il lago di Tiberiade, nel territorio della Decapoli. Si reca in zone pagane, ma fedele al suo mandato non fa il missionario in queste terre. Semplicemente le lambisce per far intendere che i suoi discepoli si rivolgeranno poi a tutti i popoli. Gesù è attorniato dai 12 e da alcune donne. E mentre cammina gli si fa incontro un sordomuto che è il simbolo di una grave menomazione. E’ impossibilitato ad ascoltare e quindi a comunicare. Dunque, è isolato. Gesù lo porta in disparte, lontano dalla folla e con le sue mani agisce su quel corpo: gli pone le dita negli orecchi, quasi per aprirli, per circonciderli e renderli capaci di ascolto; poi prende con le dita un po’ della propria saliva e gli tocca la lingua, quasi simulando un bacio, dove la saliva dell’uno si mescola con quella dell’altro. Questa gestualità manuale, e quasi primitiva, dice confidenza, vicinanza, risveglio dei sensi corporali. Gesù poi emette un gemito, guardando verso il cielo per dire la sua partecipazione e la sua invocazione della salvezza. Quindi, dice una parola forte: Effatà, cioè apriti!»
L’episodio del sordomuto apre a tante prospettive inquadrate nella due giorni appena conclusa. Tanti spunti che hanno permesso alle persone di comprendere che vale la pena sviluppare e aprire le situazioni chiuse, bloccate.
«Aprirsi all’altro, agli altri, a Dio si impara e Gesù ci fa capire che non bastano pensieri e sentimenti, non bastano parole, occorre l’incontro delle carni, dei corpi, per poter intravvedere una guarigione che va sempre oltre quella fisica e apre alla comunione».
«Dietro questo racconto c’è la conclusione del nostro Incontro pastorale sulla dimensione sociale del vangelo», conclude monsignor Pompili. Come spiegato nei loro interventi dal professor Stefano Zamagni e dal professor Lugino Bruni, entrambi insigni economisti, che hanno voluto aprire orizzonti nuovi verso i temi del lavoro e dello sviluppo.
S-viluppo appunto, con la s iniziale, a significare il contrario di viluppo, di avviluppamento e chiusura in se stessi senza osservare né aprirsi al mondo circostante, come sottolineato dal professor Zamagni.
«Come disse il saggista Enzo Bianchi – prosegue il vescovo – l’uomo è fatto di buchi, e se uno di questi si ottura, c’è sempre un problema. È per questo che occorre individuare il problema, e sbloccarsi».
«Dai due giorni di lavori abbiamo appreso che bisogna sviluppare le nostre capacità, le nostre relazioni, perché la capacità di noi cristiani è legata al superamento degli ostacoli che ci portano alla segregazione proprio come il sordomuto».