Terminillo

Il vaticanista Luigi Accattoli e il francescanesimo di papa Francesco

Un interessante pomeriggio con ospite Luigi Accattoli, vaticanista storico, a parlare di papa Francesco, all’ombra del templum pacis intitolato al santo di cui il Pontefice ha scelto di portare il nome.

Un interessante pomeriggio con ospite Luigi Accattoli, vaticanista storico, a parlare di papa Francesco, all’ombra del templum pacis intitolato al santo di cui il Pontefice ha scelto di portare il nome.

È almeno la quarta volta che Accattoli viene invitato a parlare a Rieti (anni fa tenne una conferenza in Seminario su invito dell’Istituto di scienze religiose, poi tornò a un convegno pastorale diocesano; nel marzo scorso, all’Auditorium Varrone, era venuto a presentare il libro su monsignor Lucarelli), ma era la sua prima volta sul Terminillo. Accolto dalla comunità monastica guidata da padre Mariano Pappalardo, nell’ambito del nutrito cartellone estivo proposto dalla parrocchia, ha intrattenuto i presenti su “Il richiamo di papa Bergoglio a Francesco d’Assisi: Il nome – i poveri – il creato”.

Questi i tre aspetti del “francescanesimo” dell’italo-argentino eletto al pontificato che il giornalista, una vita al di dentro delle cose di Chiesa, era chiamato a trattare.

Il nome. Ha ricordato che il Papa ha confidato come nel conclave, mentre i voti a suo favore salivano e l’elezione pareva ormai certa, gli veniva detto da un confratello cardinale “Non ti dimenticare dei poveri” e in quel momento aveva iniziato a pensare a san Francesco. A proposito della scelta di questo nome inedito, l’osservatore Accattoli ha messo in evidenza come nessun Papa del secondo millennio ha preso mai un nome che non fosse già nel primo millennio; due volte, in epoca medievale, era capitato che il vescovo di Roma scegliesse di mantenere il proprio nome di battesimo: Adriano VI e Marcello II, comunque nomi che avevano avuto altri papi è dunque, con il numero ordinale, inserendosi nella genealogia.

«Questa uscita dalla genealogia pontificale è la prima particolarità. E lui è un gesuita e non fa le cose senza pensarci… La sua scelta si presenta allora come una specie di azzeramento della nomenclatura papale». Un nome, poi, quello scelto dal Papa venuto dal Sudamerica, assai impegnativo: Accattoli ha ricordato il commento di Aggiornamenti sociali, la rivista dei gesuiti milanesi, per cui “papa Francesco è un ossimoro”.

Dato che «san Francesco è uno straccione, ha la corda, veste di sacco, è la spogliazione totale. Il papa è il più vestito che ci possa essere». Il vaticanista ha evidenziato che «in realtà Ratzinger e Bergoglio hanno entrambi operato una progressiva spogliazione: Benedetto, una volta divenuto papa emerito, ha fatto sapere che rinunciava al rosso, poi Francesco ha deciso di non usarlo per niente il rosso: sono dunque uguali, sono due papi bianchi, e il bianco è il colore del missionario: tutti e due sono papi missionari, Benedetto con la preghiera, Francesco con l’azione pastorale. Storicamente i papi avevano preso il bianco e rosso dagli imperatori romani. Francesco è Benedetto, concordi in modo inconsapevole, spogliano il rosso imperiale».

E da non dimenticare che «Bergoglio non ha preso il passaporto vaticano, ma ha conservato il passaporto argentino, cosi come la mitria e la croce pettorale di arcivescovo di Buenos Aires», altra scelta che Accattoli legge in quell’ottica di progressiva “spogliazione” della magnificenza papale.

Secondo aspetto: il richiamo a Francesco “uomo dei poveri”. E qui, ha sottolineato il giornalista, c’è tutta l’eredità della Chiesa latinoamericana. Tante le espressioni impegnative utilizzate dal Pontefice argentino a proposito della scelta preferenziale dei poveri e del secco no a quella “economia dell’esclusione” che uccide.

Ma Accattoli ha voluto evidenziare in particolare un paragone tra i lebbrosi di san Francesco e i migranti di papa Francesco. Se il quadretto agiografico ci abitua al bacio di Francesco d’Assisi al lebbroso, al di là dellla fiorettistica, della “mitologia” francescana, non dobbiamo dimenticare che «le fonti dicono che lui visse più volte nei lebbrosari restando in mezzo ai lebbrosi. Di qui è ben comprensibile l’atteggiamento che tanto città di Assisi quanto la Curia pontificia avessero verso questo straccione idiota. Quell’atteggiamento di ribrezzo, paura, malfidenza verso Francesco allora è lo stesso verso oggi papa Francesco quando parla dei migranti».

Infine, l’aspetto della “ecologia francescana” di papa Bergoglio, il richiamo al santo di Assisi cantore del creato con la Laudato si’: il Francesco che chiedeva ai frati di mantenere nell’orto uno spazio libero dove madre natura facesse crescere spontaneamente i suoi frutti e che a Natale diceva di dare becchime agli uccelli e che all’imperatore in visita avrebbe voluto chiedere un editto per vietare la caccia ai volatili… è a lui che il Pontefice ha dichiarato di volersi ispirare.

«Il Papa scrive che lo ha preso per modello… Ma già un altro papa si era richiamato, con scarso successo a san Francesco: Celestino V. Eremita, uomo di estrema povertà, conosce Francesco e lo segue da lontano. Penitente, quando lascia le vesti papali recupera la veste da eremita. E quando si reca a Isernia per l’anno celestiniano papa Francesco dice esplicitamente che ha preso a modello san Francesco e san Celestino V».

Interessanti gli spunti offerti dalla conversazione di Accattoli, interessante il ricco dibattito che è seguito circa le grandi scelte di papa Francesco, cui il giornalista ha risposto vigorosamente, in particolare riguardo la presunta grande critica di cui il Pontefice sarebbe oggetto nella Chiesa e tra i vaticanisti: in realtà, ha spiegato Accattoli, una minoranza. Del resto, la critica per cui egli appiattirebbe troppo la Chiesa nell’inseguire il consenso delle masse è ben contraddetto dal fatto che il richiamo di Bergoglio alla radicalità evangelica, in particolare alle esigenze dell’accoglienza e della solidarietà, non è certo un tema di facili consensi.

Durante il dibattito è intervenuta con alcuni intermezzi musicali la chitarrista Maristella Focaroli che ha allietato il pomeriggio con un preludio e un postludio.