L’Istituto di Istruzione Superiore “M. Terenzio Varrone” per iniziativa dei Rappresentanti degli alunni nel Consiglio d’ Istituto, in particolare degli alunni Caprioli Emanuele e Scasciafratte Pietro, ha organizzato presso l’Auditorium Varrone di Rieti la commemorazione del Giorno del Ricordo, istituito con la Legge n. 92 del 30 marzo 2004.
Gli studenti presenti del Liceo Classico e dell’Istituto per Geometri, dopo la proiezione di un documentario storico sulle foibe e sull’esodo istriano dalmata, hanno potuto ascoltare la relazione del Dott. Michele Pigliucci, Presidente del “Comitato 10 febbraio”.
Il Dott. Pigliucci ha voluto sottolineare come la volontà di “ricordare”,dopo anni di oblio, i dolorosi eventi vissuti dagli Italiani residenti nell’Istria non si debba limitare al riconoscimento dovuto a quanti hanno pagato di persona solo per avere voluto rivendicare la propria italianità, ma debba tradursi, oggi, in un contesto culturale che tende a sfumare le identità, in una rinnovata consapevolezza della propria memoria storica e quindi della propria identità nazionale.
Citando Renan, il Dott. Pigliucci ha detto che: “Una nazione è un’anima, un principio spirituale. .. è il comune possesso di una ricca eredità di ricordi,… il desiderio di vivere insieme, la volontà di continuare a far valere l’eredità ricevuta indivisa.” La coscienza dell’identità non crea barriere, ma apre ad un dialogo costruttivo e al reciproco riconoscimento. A conclusione del momento di riflessione il Dirigente Scolastico Lidia Nobili ha osservato che le riflessioni del Dott. Pigliucci debbano essere raccolte come un fecondo stimolo culturale in un delicato momento storico caratterizzato da crisi di identità sia individuale sia Nazionale.
“Ha fatto bene il Presidente Michele Pigliucci a sottolineare che il 10 Febbraio è il giorno della memoria della nostra identità nazionale, culturale, sociale. Non sentirci italiani fa perdere il senso della comunità, dell’accoglienza, della solidarietà e lascia spazio a forze centrifughe pericolose” .
Mi chiedo, da ex del liceo, se i rappresentanti degli alunni si siano parimenti industriati per celebrare in egual misura un altro giorno della memoria, quello dell’Olocausto.
Ho visto personalmente i luoghi delle stragi operate dalle ignobili squadracce titine e ritengo doveroso il ricordo di tanti italiani che senza nessuna colpa furono uccisi brutalmente, come ritengo ancor più vergognoso quell’omertoso silenzio prolungatosi per decenni su tali oscure e drammatiche vicende da parte del nostro paese, complice la dominante cultura “resistenzialista” (si badi bene, uso un “ismo” per identificare il significato deteriore di un atteggiamento: la Resistenza è un momento fondante della nostra repubblica e della nostra libertà).
Tuttavia, nel ricordare, non bisogna altrettanto omettere: tanti innocenti pagarono oltremisura anche per i crimini nazi-fascisti perpetrati a danno delle popolazioni slave e balcaniche. E sottolineo “anche”: nulla , difatti, può ovviamente giustificare tali forme di violenza e di giustizia sommaria ed è ben lungi da me persino l’idea di glissare sulle presunte “ritorsioni” Titine.
Tuttavia, mi chiedo: perchè ideologizzare ancora ciò che oramai non ha più senso alcuno porre in rilievo con termini politicamente tanto marcati? Che senso ha affermare che “il 10 febbraio è il giorno della nostra identità nazionale, culturale, sociale”? Con quale diritto e su quali basi filosofico, etico – morali e sociologiche ci si può appropriare di quello che dovrebbe essere solo un doloroso e doveroso ricordo di tante persone trucidate barbaramente, approfittandone per lanciare improbabili appelli all’unità nazionale, all’identità di popolo ed a quella della nostra società? Dove mai è stata questa “unità”? Dove mai risiede questa “identità”? Oggi dopo tanti anni di democrazia così come allora nel corso di vent’anni di dittatura, le nostre “unità” ed “identità” sono solo di facciata: come oggi ci si ritrova italiani solo dinanzi ( e neanche più tanto…) alle partite della Nazionale di calcio, così allora – molto spesso per questioni di opportunismo e di omologazione al pensiero unico – si era italianissimi ai comizi del Duce, per poi fare ognuno (allora come oggi) i propri interessi, alla faccia della presunta “unità” ed “identità” (illuminante, al proposito, un interessantissimo documentario andato in onda il 16 gennaio su rai tre per la serie “La Grande Storia” ed intitolato “Fascismo: dossier, ricatti e tradimenti” http://www.lagrandestoria.rai.it/dl/portali/site/puntata/ContentItem-b29907d6-a5f2-40a8-bbbc-07ce952ccedb.html)
No, non sono d’accordo con un taglio di tutta evidenza ideologico ed ideologizzante che invece di unire nel ricordo di questi martiri inconsapevoli rischia di dividere ulteriormente solleticando sopiti istinti nazionalistici (di nota derivazione) ed i contrapposti moti anti-italiani di certi ambienti.
Il ricordo dovrebbe unire, non dividere. Dovrebbe servire a far si che la storia sia davvero “maestra di vita” e non strumento che ognuno cerca di tirare dalla sua parte.
Avrei preferito, allora, magari una celebrazione eucaristica in suffragio per le anime dei trucidati, per i credenti; oppure, per tutti, un rito civile in cui ricordare fatti concreti, riportare testimonianze, rammentare i sacrifici delle vite umane.
No, mi spiace: per me il “giorno del ricordo”, così come quello “della memoria”, non è il giorno dell’unità nazionale o quello (per l’olocausto) degli antifascisti uniti contro i fascisti. Per me queste sono le giornate dell’uomo. Della vita. Giornate per ricordare che anche una semplice piccola vita umana, anche quella che potrebbe sembrare la più insignificante, inutile o senza senso è preziosa, unica ed insostituibile. Ricordare che nessuno, mai, può uccidere. Per nessun motivo.
Per chi crede, come me, che nessuno può sostituirsi a Dio nel dare la vita o toglierla.