Reporter a Scuola

Il carnevale: un’esperienza intergenerazionale di cultura e catarsi sociale

Tra maschere eleganti, sfilate di samba e una dimensione catartica, il Carnevale si rivela un affascinante laboratorio antropologico, unendo tradizioni millenarie e una pausa liberatoria dalla routine quotidiana

In questi giorni il Carnevale è nel pieno del suo svolgimento, una festa amata da tutti, che unisce travestimenti, spensieratezza, tradizioni e divertimento, tanto desiderata e partecipata da grandi e piccoli. Il Carnevale, diffuso praticamente in ogni parte del mondo, ha radici antichissime, rintracciabili fin dai riti in onore di Dioniso nell’Antica Grecia o ai Saturnali Romani, per arrivare ai nostri giorni nostri, rappresentando così un’esperienza sociale intergenerazionale, unendo nel corso dei secoli generazioni di persone appartenenti alle più diverse comunità.

Il Carnevale ha un importante riferimento alla cultura cristiana, deriva infatti, dal latino, “carnem levare”, e significa letteralmente eliminare la carne. Quest’espressione fa riferimento al banchetto che si teneva l’ultimo giorno di carnevale, il martedì grasso, prima dell’astinenza e del digiuno quaresimale. Un tempo il Carnevale riguardava un periodo molto più lungo dell’attuale, iniziava addirittura la prima domenica di ottobre per concludersi nei giorni che precedevano la Quaresima, attualmente ha la durata di circa dieci giorni.

A livello culturale e antropologico il Carnevale può assumere connotazioni diverse tenendo conto delle molteplici tradizioni, usi e costumi nelle diverse aree del mondo. Ad esempio, in Italia, il Carnevale di Venezia è famoso per le maschere elaborate, “lussuose” ed eleganti, mentre in Brasile, il Carnevale di Rio de Janeiro è noto per le sfilate di samba. Il Carnevale è quindi una sorta di grande laboratorio “antropologico” che consente di cogliere elementi culturali di indubbio valore per capire e interpretare la cultura delle comunità e dei popoli che lo festeggiano.

La dimensione catartica del Carnevale è invece quella che attrae l’attenzione e la curiosità di un’indagine di carattere psicologico-esistenziale. “Mascherandosi”, indossando quindi qualcosa che nasconde la vera identità, la persona è in condizione di esprimere emozioni e stati d’animo che normalmente potrebbe non fare, rimanendo repressi. È così una sorta di liberazione e riappropriazione di una parte di sé, senza paura. Il senso di anonimato dietro una maschera può incoraggiare la spontaneità e la creatività dell’individuo, sperimentando almeno per pochi giorni all’anno identità o status sociali inattesi, arrivando anche a sfidare l’autorità e prendere in giro coloro che detengono un potere sociale inattaccabile, insomma, a Carnevale tutto diventa possibile. Così anche la partecipazione dell’individuo a parate, feste, balli e manifestazioni di diverso genere, contribuisce notevolmente non solo alla spinta “catartica” ma favorisce quel sentimento di integrazione e coesione all’interno della comunità di appartenenza, che rende tutti più vicini in un momento di festa e allegria.

Il Carnevale è quindi in grado di fare sintesi ed esprimere aspetti diversi e importanti, da quelli psicologici a quelli storici, dagli usi e costumi tradizionali, a quelli culinari e artistici, fino al vissuto relazionale e sociale, senza dimenticare che, per molti, è essenzialmente un momento di spensieratezza, una pausa dalle preoccupazioni quotidiane che permette di “fermare” il tempo, trovare uno spazio per il gioco, afferrando quella dimensione ludica che troppo spesso dimentichiamo e di cui tutti abbiamo bisogno, non a caso ….. “a Carnevale ogni scherzo vale”.

Progetto “Reporter a Scuola”
Articolo di Maddalena Renzi e Beatrice Pizzoli