Cultura

I musei che riaprono. Quei mille per Van Gogh e il bisogno di contemplare

La lunga clausura per il virus ha acuito nella gente un bisogno che adesso può soddisfare, e che bisogno è? Di che cosa? Di bellezza. Di arte. Ammirare la bellezza, averla davanti agli occhi, non pensare ad altro, è un bisogno

Si esce dalla zona arancione, si entra nella gialla, finalmente la gente può muoversi, e dove va? Io sto in una città di grandezza medio-piccola, circondata da colline bellissime, che originariamente erano vulcani, e so che qui la gente, appena può muoversi, va nei ristoranti sui colli, e se può camminare va per le piazze. Invece, ora c’è un’ondata di visite ai musei. In un giorno, più di mille prenotazioni.

Incredulo, controllo il dato su più giornali, e lo vedo confermato. Gli impiegati dei musei non sono tanti, in una mattinata il sindaco ha dovuto assumerne altri ventidue. M’interrogo. La lunga clausura per il virus ha acuito nella gente un bisogno che adesso può soddisfare, e che bisogno è? Di che cosa? Di bellezza. Di arte. Ammirare la bellezza, averla davanti agli occhi, non pensare ad altro, è un bisogno. Non si può vivere reprimendo questo bisogno. In Germania, in Francia e in Inghilterra la mortalità prodotta da questo virus è adesso maggiore che in Italia, e dunque è maggiore la severità con cui si decidono e si fanno applicare le cosiddette ‘restrizioni’.

Il Louvre è stato chiuso rigidamente. In quei giorni però, durante la chiusura, è passato per Parigi un ricco signore che prima di andar via voleva vedere la Gioconda. Lo ha chiesto alla direzione, che in cambio di una somma alta ha aperto il museo per lui solo: ha pagato e per un tempo lungo, mi pare un’ora, ha potuto vedere Monna Lisa, solo di fronte a lei sola, nell’unica stanza del museo aperta, illuminata e custodita. Poi se n’è andato e le luci si sono spente.

Mi chiedo se adesso è contento o pentito. Mi rispondo: contento. Mi chiedo se ha trovato una risposta al sorriso ‘enigmatico e molecolare’ di Monna Lisa. Certo che no. Ha ereditato la domanda, ma non ha la risposta. È come tutti noi. Ma prima era meno. La visione della Gioconda gli riempie un vuoto. Il che nella vita vuol dire uno scatto in avanti. Lo scatto che hanno avvertito i mille che nella mia città, Padova, dov’è allestita una mostra di Van Gogh con 90 quadri, non appena nella restrizione s’è aperta una pausa, si son precipitati a vedere ‘il pittore che ama il giallo’.

Ho detto a vedere, ma dovevo dire a contemplare. L’uomo ha bisogno di contemplare, e di adorare. Cioè: ha bisogno di trovare qualcosa che val la pena di contemplare e adorare. Qualcosa che valga più di lui. Sente che c’è, e lo cerca. Ciò che si può guardare e contemplare ha un valore più alto di ciò che si può leggere. Alcune settimane fa (tre-quattro, non di più) una grande casa d’aste ha venduto una narrazione della battaglia di Austerlitz dettata e corretta da Napoleone, e un Botticelli degli inizi: quella a un milione di dollari, questo a 92 milioni.

Va bene, questo è un Botticelli, ma quell’altro è un Napoleone. C’entra anche il fatto che il Botticelli lo guardi e lo contempli mentre il Napoleone lo leggi e ci ragioni. Specialmente adesso, in questo momento della nostra vita, la gente ha bisogno di contemplare, perciò vanno in mille in una mattinata a vedere Van Gogh, una galleria di quadri che ci scavalcano. Stiamo uscendo (spero) da un’epidemia, l’epidemia ci ha resi umili, ci ha fatto capire che la vita è una grazia, e noi abbiamo bisogno di vivere il massimo della grazia, la bellezza. Il giornale locale che ho qui davanti titola: ‘La mostra sarà protratta, Van Gogh si allunga la vita’. Ma no, non allunga la vita a se stesso, ma a noi: ‘ci’ allunga la vita. E ce la riempie.

Ferdinando Camon per avvenire.it