Grecia, un Paese sempre più vulnerabile. Caritas, “la politica di austerità non paga”

Giunta al settimo la crisi economica e finanziaria della Grecia non accenna a placarsi. La nuova tranche di aiuti, di 8,5 miliardi, decisa il 15 giugno dall’Eurogruppo, è solo una boccata di ossigeno che permetterà ad Atene di onorare il debito con Fmi e Bce per un totale di 6,5 miliardi. Ma nessun taglio definitivo del debito. Il buio profondo del tunnel greco è testimoniato dai numeri del primo Rapporto di Caritas Grecia sulla povertà e l’esclusione sociale relativo al biennio 2014-2015 di cui da poco è stata diffusa la versione in lingua inglese. La testimonianza di Maria Koutatzi, responsabile del settore “politiche sociali” di Caritas Grecia.

Giunta al settimo la crisi economica e finanziaria della Grecia non accenna a placarsi. La nuova tranche di aiuti, di 8,5 miliardi, decisa il 15 giugno dall’Eurogruppo, servirà ad Atene solo per onorare il debito con Fmi e Bce. Il buio profondo della crisi è testimoniato dai dati del primo Rapporto di Caritas Grecia sulla povertà e l’esclusione sociale relativo al biennio 2014-2015 di cui da poco è stata diffusa la versione in lingua inglese. Rapporto frutto dell’analisi dei dati e delle esperienze quotidiane, raccolti in 7 delle 11 diocesi greche, in coordinamento con l’Ufficio Studi di Caritas Italiana, e riportati nel database online di Ospoweb, portale statistico prodotto da Caritas Italiana.

I numeri. Per fronteggiare la crisi, la Grecia sta tentando la strada dell’austerità. I piani di salvataggio finanziario dell’economica greca erogati dalla Troika (Fondo Monetario Internazionale, Ue, Banca Centrale Europea), volti a scongiurare il rischio di insolvenza sovrana (default) del Paese, sono stati subordinati all’accettazione di misure di politiche di bilancio restrittive sui conti pubblici (austerity), basate su forti riduzioni di spesa pubblica, aumenti delle imposte e soprattutto riduzione dei salari tra il 10% e il 40%.

L’entità degli stipendi medi è passata da 22.729 euro nel 2009 a 18.411 euro nel 2014. Il numero dei senza lavoro è passato da 402.000 nell’ultimo trimestre del 2008 a 1.241.000 nell’ultimo trimestre del 2014, per poi scendere progressivamente a 1.175.000 nell’ultimo trimestre del 2015. A fine 2015 la percentuale di disoccupati ha toccato quota 24,9% (nel 2008 era al 7,8%). Conseguenza della riduzione dei redditi dei lavoratori è stata l’impoverimento delle famiglie: tra il 2010 e il 2014 il potere di acquisto del livello minimo salariale previsto per legge è diminuito del 24,9% per i lavoratori adulti e del 34,5% per i giovani fino a 25 anni. A fine 2014 il 21,2% dei lavoratori era a rischio povertà (working poors), mentre nel 2010 era il 18,0%. Il problema-bisogno più frequente degli utenti della Caritas in Grecia è stato proprio quello della povertà economica (80,2% del totale), seguito dai problemi di lavoro (60,9%). Desta molta preoccupazione la forte incidenza dei problemi abitativi (36,7%) e dei bisogni legati allo stato di salute, che riguardano quasi un utente su quattro (23,8%). Tuttavia povertà economica e problemi abitativi hanno maggiore incidenza tra gli stranieri. I problemi occupazionali invece incidono di più sui greci (69,0%). Preoccupa anche la difficoltà nell’assistenza sanitaria: il 39,9% degli utenti greci ha manifestato difficoltà in tale ambito (contro il 20,0% degli utenti stranieri).

La graduatoria delle richieste espresse ai centri Caritas vede al primo posto quella di beni e servizi materiali, espressa dalla maggioranza assoluta degli utenti (86,0%). Tutti i restanti tipi di richieste si collocano su valori molto inferiori. Al secondo posto figura la richiesta di sussidi economici (16,4%), non molto significativa a causa del fatto che nei centri di assistenza greci non è possibile ottenere del denaro in contanti ma solamente il pagamento di utenze o tributi.

Un Paese vulnerabile. Maria Koutatzi, responsabile del settore “Politiche sociali” di Caritas Grecia non ha dubbi:

“È una fase molto buia della crisi. Siamo un Paese vulnerabile sul quale nessun investitore vuole puntare.

La popolazione continua a soffrire sempre di più a causa della recessione. La classe media non esiste praticamente più e sono tantissimi quelli che vivono sotto la soglia di povertà. Gli stipendi sono tutti ridotti al minimo e spesso non ci sono tutele per i lavoratori, molti dei quali sono in nero. Nelle aree rurali si vive leggermente meglio poiché la popolazione coltiva i prodotti e maggiore è la solidarietà”. Koutatzi individua nei giovani la fascia di popolazione che risente di più della crisi, e con loro i lavoratori sopra i 50 anni per i quali “lo Stato non ha programmi particolari. I sussidi di disoccupazione sono previsti solo per pochi mesi. Una volta a spasso la persona perde l’assicurazione sanitaria completa che resta solo per urgenze e ricoveri ospedalieri”. Non meno preoccupante è la condizione degli

anziani che “cercano di sopravvivere nonostante i tagli alle pensioni che hanno raggiunto anche il 50-60%.

Molti sono troppo vecchi per tornare a lavoro”. Tuttavia, aggiunge la responsabile Caritas, “oggi emerge anche che tanti nuclei familiari si sostengono con la presenza di pensionati in casa e con una pensione vivono tre generazioni”. La ricerca di un lavoro resta il bisogno primario da soddisfare: “Le persone vogliono lavorare, non essere mantenute. Il lavoro ti dona dignità e autostima. Non abbiamo posti da offrire ma come Caritas cerchiamo di mettere in contatto domanda e offerta”.

L’Austerità non paga. “Non serve studiare economia per capire che se hai soldi spendi, se non li hai non li spendi – conclude Koutatzi – la gente non ce la fa più. Quanto vediamo ci conferma che

l’austerità non paga.

Servirebbe, per esempio, una equa ripartizione delle tasse, perché tutti le paghino. Certamente anche noi greci abbiamo le nostre colpe, che stiamo pagando.

Spero che l’Europa sappia trarre insegnamento dalla crisi greca propugnando nuovi stili di vita, più moderati, solidali, improntati all’accoglienza dei poveri, dei profughi e dei rifugiati. Tutti da portare allo stesso livello di benessere. Basta con le guerre tra poveri”.