Il gran ritorno di “Oz”

Nel film d’animazione “La leggenda di Oz” prosegue l’avventura di Dorothy

“Da qualche parte, oltre l’arcobaleno…” cantava la giovanissima Judy Garland, fantasticando di un mondo idilliaco dove tutto è colorato, nel famosissimo film “Il mago di Oz” di Victor Fleming. La storia di una ragazzina che, con il suo cagnolino, si ritrova in una realtà fuori dall’ordinario e deve affrontare situazioni e personaggi di ogni tipo. Uomini di latta che vorrebbero un cuore umano, leoni paurosi che tentano di trovare il coraggio e spaventapasseri parlanti dall’intelligenza superiore. Per non parlare di maghi un po’ pazzi, fatine che esaudiscono i desideri e streghe cattive contro cui combattere.

Oggi la leggenda di questa fiaba, che nasce sotto forma di romanzo, ma che è stata resa celebre dal cinema, torna a rivivere grazie a “La leggenda di Oz”, film d’animazione che riparte laddove la pellicola con la Garland si era interrotta. Ritroviamo, infatti, la piccola Dorothy nella sua casa in Kansas dopo il tornado che l’aveva portata nel mondo fatato di Oz. Giusto il tempo di riadattarsi all’aria della sua città e la giovane e il cane Toto vengono richiamati, attraverso un magico arcobaleno, a fare ritorno ad Oz. Il regno, infatti, è messo in pericolo da un cattivissimo giullare che sta distruggendo ogni cosa. Dorothy deve nuovamente combattere per salvare il paese. Ad aiutarla in questa seconda impresa, nuovi, buffi, personaggi. Una principessa di ceramica, un generale candito e un grasso gufo dall’implacabile parlantina.

Come nel film della Garland a trionfare sarà il bene, il coraggio, l’amicizia. Il tutto condito da una colonna sonora scritta per l’occasione dal cantante americano Bryan Adams. Ritornano, dunque, gli ingredienti che hanno fatto grande il film di Fleming del 1939, un vero e proprio monumento del cinema classico: canzoni create appositamente, mondi fantastici costruiti con colori ed effetti speciali, una storia dalla morale precisa in cui sono i buoni a vincere. Ma certo la pellicola con la Garland rimane inarrivabile. Le versioni precedenti che si ispiravano ai libi del Mago di Oz e quelle versioni successive, compreso un musical di notevole successo tutt’ora in scena a Broadway, non raggiungono la stessa intensità. La chiave dell’unicità dell’opera diretta da Fleming sta proprio nella sua protagonista: Judy Garland e nella sua anima contraddittoria. All’epoca aveva solo 16 anni, infatti, ma era già una stella affermata del firmamento hollywoodiano.

Sapeva cantare e ballare benissimo, ma la sua vita privata era già un disastro. Lei stessa raccontò di fare uso di barbiturici già durante le riprese del film e che la madre l’aveva introdotta alle anfetamine. La sua vita sentimentale fu altrettanto caotica, con 5 mariti e altrettanti divorzi. I problemi mai risolti di alcool e di droghe, infine, la portarono a morire ad appena 47 anni dietro il palcoscenico durante un’esibizione. Una donna complessa, dunque, che, forse, come la sua Dorothy cercava solo un posto tranquillo “oltre l’arcobaleno”. Una donna a cui, recentemente, la nostra Monica Guerritore ha dedicato un monologo teatrale, intitolato “Judy”, che racconta appunto tutti i volti di una bambina prodigio del cielo hollywoodiano, una stella che ha brillato troppo intensamente e per troppo poco tempo.