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Giornata contro la tratta, la pandemia ha peggiorato le condizioni dei minori abusati

Nel mondo 40 milioni le persone schiavizzate per lavoro o sesso, un quarto sono minori

Nulla sarà come prima della pandemia di Covid-19. Un commento ricorrente che vale perfino per le condizioni, ancora peggiorate, dei minori vittime di tratta e sfruttamento. Anche durante il lockdown infatti i clienti hanno continuato a chiedere prestazioni. E i criminali sfruttatori hanno rapidamente diversificato l’offerta: incentivando gli incontri a domicilio, affollando i luoghi di prostituzione al chiuso, dirottando le vittime sul commercio via internet tramite le video-chat e la produzione di materiali pedopornografico.

A registrare una preoccupante involuzione dello sfruttamento dei minori al tempo del Coronavirus è Save The Children, con la decima edizione del Rapporto Piccoli schiavi invisibili , diffuso alla vigilia dell’odierna Giornata internazionale contro la tratta di esseri umani. Un fenomeno orribile ma sommerso, che coinvolgerebbe nel mondo oltre 40 milioni di vittime , costrette a lavorare o anche a prostituirsi in condizioni di fatto di schiavitù, di cui ben 10 milioni appunto sotto i 18 anni. Dei 108mila casi segnalati nel 2019 in 164 paesi, il 23% riguarda minorenni e 1 caso ogni 20 bambini con meno di 8 anni. In Europa nei 20 mila casi della rilevazione 2015-2016 prevalevano (68%) le vittime femminili.

Gli operatori partner del progetto “Vie d’Uscita” della ong internazionale – pensato per il contrasto e la fuoriuscita dal sistema di sfruttamento sessuale di minori e giovani tra i 12 e i 24 anni – hanno intercettato e sostenuto nei primi sei mesi del 2020 e in sole sei regioni circa mille nuove vittime, sia in strada che online, in gran parte di origine nigeriana (87%), ivoriana (2,5%), tunisina (1,9%) o dell’est Europa. Le regioni con più casi sono Sicilia (29,8%), Piemonte (13,7%), Liguria (14,3%) e Campania (9,3).
Le vittime di sfruttamento sessuale, esposte a maggiori pressioni e violenze da parte dei loro controllori, si sono spesso trovate costrette ad accettare richieste sempre più spinte e prezzi sempre più bassi dai clienti, che hanno continuato ad alimentare il fenomeno, sia su strada o chiedendo incontri a domicilio o in altri luoghi. In molti casi gli incontri sono avvenuti nell’assoluta mancanza di misure di protezione personale rispetto al virus. Spesso le ragazze sono state spinte a iniziare nuove attività di prostituzione indoor, condividendo a volte in 4 o 5 gli stessi appartamenti prima utilizzati da 2 ragazze, dove ricevere in contemporanea anche 4 o 5 clienti.
Il lockdown a livello globale ha limitato gli spostamenti e dunque anche la possibilità per le vittime di incontrare altre persone, di trovare aiuto o fuggire. La chiusura delle scuole, poi, in molti casi l’unica occasione di un pasto quotidiano garantito, ha spinto tantissimi bambini in strada in cerca di cibo o di reddito esponendoli al rischio di essere sfruttati o diventare vittime di traffico, accrescendo il pericolo di finire vittime dell’adescamento in rete.

Il cybercrime connesso alla tratta e allo sfruttamento ha infatti sviluppato negli ultimi mesi enormi capacità operative, con l’aumento della richiesta di sevizi erotici in diretta online. A questo fenomeno se ne associa un altro, con caratteristiche se possibile ancora peggiori, che vede minori vittime di torture e coercizioni perpetrate per produrre e commercializzare materiali pedopornografici. Secondo la Commissione Europea la domanda di pedopornografia sarebbe aumentata durante il lockdown fino al 30%.
Alla luce della crisi, afferma quindi la direttrice dei programmi Italia-Europa di Save The Children, Raffaela Milano, «è necessario potenziare gli interventi di contrasto allo sfruttamento minorile, con una particolare attenzione allo sfruttamento online, intensificare il lavoro di sostegno alle vittime, e varare al più presto il nuovo Piano Nazionale di Azione contro la tratta e lo sfruttamento, tenendo conto delle esigenze specifiche dei minori vittime manifestati durante questo periodo di emergenza sanitaria». Un aspetto fondamentale sono poi «i percorsi di sostegno alla fuoriuscita dal circuito di sfruttamento avviati dalle vittime. Molti percorsi di integrazione avviati a favore delle ragazze che hanno avuto il coraggio di ribellarsi ai loro sfruttatori oggi sono a rischio per l’improvvisa scomparsa delle opportunità di inserimento lavorativo che, abitualmente – aggiunge Milano – riguardavano settori come l’alberghiero o la ristorazione».
da avvenire.it