Gestione pubblica dell’acqua: qualcosa ancora non va

La vittoria referendaria rispetto al tema dei servizi pubblici locali ha ridotto l’attenzione rispetto alla gestione delle reti idriche. Invece sarebbe il caso di non abbassare la guardia perché i mercificatori dei beni comuni sono sempre in agguato.

Il recente Referendum “sull’acqua” (in realtà riguardava la gestione dei servizi pubblici locali in genere) aveva come obiettivo di impedire che la gestione di questo bene comune, da quando scorga dalla sorgente fino alla distribuzione, fosse affidata ai privati.

I motivi della battaglia


Ma cosa aveva reso necessaria la consultazione dei cittadini? Il cosiddetto “Decreto Ronchi”, non riportiamo gli articoli e le loro modifiche per non annoiarvi, prevede che la gestione dei servizi pubblici locali sia assegnata, attraverso gare pubbliche, a società miste. La gestione in “house” (cioè a totale capitale pubblico) è consentita soltanto “in deroga”, per situazioni eccezionali, e comunque, entro il 31 dicembre 2011, tutte le gestioni a carattere completamente pubblico devono venir meno. Già nell’anno 2009 lo Stato Italiano, con la legge 135, aveva stabilito che la gestione dell’acqua fosse affidata tramite gara a società miste pubblico-privato, in cui la parte privata non potesse detenere meno del 40% delle azioni. Per i capitali spesi in queste operazioni inoltre, sono previste rendite garantite al 7% indipendentemente dallo stato di attivo, pareggio o perdita delle società. Anche il fatto che queste abbiano o meno fatto manutenzione e innovazione della rete distributiva non conta: la remunerazione del capitale investito proverrà semplicemente dalle nostre bollette.

dopo il Referendum


Il Referendum sulla gestione dei servizi pubblici locali aveva come scopo il riconoscimento della natura di bene comune tanto dell’acqua in sé quanto della sua gestione. Dopo la vittoria referendaria, l’opinione pubblica si è quietata, convinta in cuor suo che l’indirizzo del voto abbia in qualche modo corretto la rotta, costituendo una svolta risolutiva verso la gestione pubblica dell’acqua. Ma non è così.

le contromosse dei manovratori di Palazzo


In vista della scadenza delle gestioni “in house”, con il “decreto sviluppo” approvato alla Camera il 21 giugno 2011, il Governo ha inserito una norma che istituisce “l’Agenzia Nazionale di Vigilanza sulle Risorse Idriche”. Si tratta di una struttura, di nomina politica, che dovrebbe «regolare il mercato idrico». In conseguenza di ciò i soggetti che si battono per la gestione pubblica dell’acqua incalzano Comuni e Province a prendere decisioni sul tema in direzioni coerenti con gli esiti referendari. Anche a Rieti le preoccupazioni e le richieste di comitati e associazioni sono forti. Si fondano sulla concreta possibilità che il responso delle urne sia aggirato. Una situazione che è necessario approfondire, spiegare e riportare all’attenzione di tutti.

La volontà che 27 milioni di italiani hanno espresso attraverso il Referendum, in questo caso come in altri corre il rischio di assumere un valore relativo, in barba alla democrazia e al consenso popolare. La struttura dell’Agenzia Nazionale di Vigilanza sulle Risorse Idriche è modellata proprio sull’art. 3 bis della legge Ronchi-Fitto, abrogato dal primo quesito referendario.

Stando così le cose la democrazia si mostra sempre parziale ed inattuata e si fa avanti in modo forte l’esigenza di non delegare ad altri la gestione di certe cose, almeno fin quando la nostra società non sarà capace di fare da casa alla “normalità” della giustizia, della libertà e del bene comune.

Un valore identirario


L’acqua è un bene che Dio dona, da difendere con forza e coraggio, come fosse parte integrante della nostra famiglia, da forze speculatrici. Una battaglia buona e necessaria, che per i reatini, figli di un angolo di mondo ricchissimo di acque, ha anche un risvolto in più. Lo Statuto della nostra Provincia nel capitolo “Funzioni” all’art 3 comma b) recita: «Tutela e valorizzazione delle risorse idriche ed energetiche». E nell’art 5 si legge che «Nell’esecuzione delle funzioni di promozioni e di coordinamento dello sviluppo della comunità provinciale, gli organi della Provincia curano, tutelano ed accrescono le risorse ambientali e naturali che caratterizzano il territorio ed assumano iniziative per renderle fruibili dai cittadini […]». Le acque per il reatino sono anche una identità territoriale, da riscoprire e difendere, senza se o ma. Non è più il tempo di sventolare casacche o verità a doppio senso: è l’ora del fare per non annegare nel mare torbido che ci circonda.