Dubbi e interrogativi a proposito della “prova del fuoco” made in Rieti

Va bene, amici, la rievocazione ha riguardato un episodio medievale, ha fatto “colore”, e non va presa alla lettera. Eppure un disagio l’ho provato, e provo umilmente ad argomentarlo.

Attenti al fuoco!

Si tratta pur sempre di libri gettati nel fuoco, e una certa ripugnanza è sorta spontanea in me. Esagero, forse, o vado fuori tema, ma il braciere della rievocazione mi ha suscitato un macabro richiamo simbolico ad eventi assai più gravi.

Il punto è che i roghi di libri sono stati spesso seguiti da roghi di case, città, e, quel che è più grave, persone, e perfino popolazioni intere. È necessario rammentare la notte dei cristalli?

Ne è spesso seguito il silenzio, la solitudine rumorosa o catacombale dei vinti. Delle vittime della violenza. Eppure, vedete, non sempre il ferro ed il fuoco hanno completamente annientato i perdenti. Da qualche parte ancora si cantano le liriche dei trovatori provenzali trucidati dalla crociata albigese. E ancora risuonano le canzoni yiddish degli ebrei sterminati dal nazismo. E il samizdat è sopravvissuto alle censure e alle persecuzioni del regime moscovita, socialismo a parole, tirannia nei fatti.

Conosciamo perfino un testo di Victor Jara composto nella orrenda prigionia dello stadio di Santiago, poco prima di morire, sotto i colpi degli indegni militari golpisti cileni, anno 1973!

Imprimatur

La pressa da macero di Hrabal (corrispettivo novecentesco del rogo medievale ) ci racconta l’esigenza di salvare qualche frammento di libro se vogliamo salvare la nostra umanità, per disperata che sia.

Il rogo della chimera di Sebastiano Vassalli ci invita a dubitare anche di qualche caccia alla strega che talvolta è servita a nascondere e perpetuare ingiustizie ed oppressioni.

In ogni caso, direi che anziché bruciare i libri, per ordalia, per odio o per sterminio, è bene, semmai… leggerli, farne buon uso, conservarli in biblioteche che ci riparino dall’inverno dello spirito (Yourcenar, Memorie di Adriano).

Ecco, mi viene in mente che se i libri dei catari hanno… preso fuoco, è comunque una perdita! Preferisco la splendida pazienza dei frati che, fra l’altro anche a Farfa, hanno dedicato la vita a conservare e tramandare quel che potevano della cultura antica, salvandola dagli insulti del tempo!

A proposito di Fonti.

La Legenda Aurea di Jacopo da Varazze fornisce una versione meno drammatica dell’episodio rievocato a Rieti. Qui non si tratta di una gara. Domenico tenta di convertire pacificamente i catari, gli eretici, e consegna loro uno scritto (suo), ma non ha molto successo, nonostante il carattere… ignifugo del suo foglio (Rotolo? Pergamena? Pelle d’animale?).

Siamo, appunto, nel campo delle leggende, sia pur edificanti ed auree.

Lo stesso Jacopo cita come fonte “Le gesta del Conte di Montfort”. A voler approfondire, non mancherebbero certo gli scritti, diremo così, agiografici. Citando a mente, mi pare di aver incrociato, come autore, Pietro di Vaux-de-Cernay. Salvo errori, però, mi pare di ricordare anche che un Conte di Monfort era il capo militare della crociata albigese, e che Pietro era un suo seguace e… propagandista.

Altre fonti raccontano che la crociata ha dato luogo ad abusi e perfino crimini odiosi contro l’intera popolazione dei territori coinvolti. Nel massacro di decine di migliaia di persone, furono travolti anche i cattolici! Sì, i Cattolici provenzali che rifiutavano di essere invasi e sottomessi, e forse erano estranei al fanatismo dei crociati, visto che convivevano con gli eretici, a quanto pare, contrastandoli ma senza massacrarli.

Domenico, beninteso, non impugna le armi, anzi si narra che abbia salvato dal rogo un condannato.

Ma un richiamo ad un certo contesto storico non può far male, almeno per sfuggire ad una visione ingenuamente miracolistica. Potremmo perfino scoprire che lo stesso Domenico è stato in certo qual modo “influenzato” dal contatto con i catari, almeno nel senso di recepire una certa severità di costumi, decisamente lontana dalla Roma del tempo, attraversata dalla brama di potere temporale.

Umile domanda: dopo aver chiesto scusa agli ebrei, a Galileo, eccetera, arriverà il momento di chiedere scusa anche alla Provenza?

Quando la musica tace.

Dopo la crociata, la letteratura cortese tacque, si eclissò quasi completamente. E con essa la musica dei trovatori. Vogliamo trovare un corrispettivo moderno di tale silenzio imposto? Ebbene sì, ce lo forniscono i taliban quando vietano la musica per legge!

Proviamo a tirare una conclusione? L’ipotesi è che in ogni epoca, in ogni contesto, per motivi laici o religiosi, si possano concepire vie tolleranti, di dialogo, oppure vie fanatiche, di negazione dell’ altro. Fino agli estremi del fondamentalismo e del totalitarismo. Non dovremmo essere vaccinati, ed assai prudenti, se volessimo davvero farci costruttori di pace?