Il costituzionalista Carlo Fusaro, docente all’Università di Firenze, analizza i passaggi significativi del nono e ultimo messaggio: «L’eccezionalità della rielezione ha permesso di far decollare una legislatura che tutti pensavamo ‘nata morta’, e invece sta operando un’incisiva riforma del sistema, operazione che Napolitano rivendica con forza, invitando a portarla ‘a piena conclusione’».
È stato un “discorso d’addio”, come nelle previsioni, il nono messaggio di fine anno del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Il Capo dello Stato ha preannunciato le proprie dimissioni, che rassegnerà in tempi brevi per ragioni d’età e per “chiudere la parentesi di un’eccezionalità costituzionale” rappresentata dalla sua rielezione nel 2013, “in un momento di grave sbandamento e difficoltà post-elettorale”. Napolitano ha parlato agli italiani ma ha pure inteso rivolgersi al suo successore, offrendo riflessioni dal cammino delle riforme al semestre di presidenza italiana del Consiglio Ue, dalla sfiducia verso la politica e dalla corruzione pervasiva all’indicazione di alcuni “italiani esemplari”, senza dimenticare il contesto internazionale e le persecuzioni nei confronti dei cristiani. Con il costituzionalista Carlo Fusaro, docente all’Università di Firenze, analizziamo i passaggi significativi.
Qual è la prima impressione che ha tratto dal messaggio di Napolitano?
“Mi è sembrato in linea con i precedenti. Effettivamente il tono era quello del discorso d’addio di una persona che crede in quello che ha fatto e ora è consapevole che gli impegni di una carica così rilevante non sono compatibili con l’età. Un discorso nel quale rivendica i risultati ottenuti in condizioni difficili e a chi gli succederà indica di continuare sulla medesima strada, anzi con maggiore impegno”.
Il Presidente ha invitato parlamento e forze politiche a prepararsi “serenamente” all’elezione del suo successore. Al tempo stesso, però, ha riconosciuto che viviamo in “un’eccezionalità costituzionale”…
“È un passaggio significativo. Già ai tempi della presidenza Ciampi qualcuno ventilò l’ipotesi della rielezione e l’allora Presidente rivendicò la tradizione costituzionale di un mandato solo. La rielezione di Napolitano, nella primavera 2013, è dovuta a circostanze, appunto, del tutto eccezionali. Ora, da un lato il Capo dello Stato indica come positivo il tornare alla normalità dopo questa parentesi; dall’altro rivendica l’utilità di questa ‘eccezione’, determinante per avviare una legislatura difficilissima”.
Quando richiama la “regolarità dei tempi di vita delle istituzioni”, a suo avviso, intende pure mettere in guardia da governi brevi o elezioni anticipate?
“Certamente è un invito che vale anche per altre istituzioni. L’ideale sono legislature che durino gli anni previsti per dare ai governi – che si auspicano stabili – il tempo per operare. L’eccezionalità di questa rielezione, peraltro, ha permesso di far decollare una legislatura che tutti pensavamo ‘nata morta’, e invece sta operando un’incisiva riforma del sistema, operazione che Napolitano rivendica con forza, invitando a portarla ‘a piena conclusione’”.
Nel contesto internazionale denuncia “inauditi fenomeni e disegni di destabilizzazione, di fanatismo e d’imbarbarimento, fino alla selvaggia persecuzione dei cristiani”, e cita per due volte Papa Francesco. Cosa ne pensa?
“Dal punto di vista politico questo è uno dei punti chiave: il Presidente lega questi fenomeni alla missione internazionale dell’Italia. Altro che ritirarsi: chiede ‘un atteggiamento più assertivo’ e ‘una funzione più attiva in seno alla comunità internazionale’. In un contesto ‘critico e problematico’, a Italia e Ue spettano impegni ‘di proposta e di azione, non solo diplomatica, rispetto ai quali non ci si può tirare indietro’. Si tratta, quindi, di assumersi le proprie responsabilità nel quadro internazionale, anche usando le truppe, se necessario”.
Non è ardito l’accostamento di questo appello a Papa Francesco e alla Giornata mondiale della pace?
“Non si tratta di fare i guerrafondai, ma di agganciare l’interventismo a certi valori, ovvero al rischio di quell’’indifferenza globale’ denunciata da Bergoglio. E qui si collega il problema dell’Isis e delle persecuzioni. Sullo sfondo c’è il tema della guerra giusta: esperiti tutti i tentativi della diplomazia, bisogna impegnarsi anche militarmente per fermare i violenti”.
Venendo al nostro Paese, Napolitano ha messo in guardia dalla “sfiducia nella politica” e ha chiesto di “bonificare il sottosuolo marcio e corrosivo della nostra società”…
“È una parte talmente ineludibile del discorso che si può dire quasi scontata. Qui si rivolge davvero a tutti i cittadini: al di là dei populismi la verità è che certi comportamenti – a livelli diversi e con differenti responsabilità – sono collettivi, dovuti a un tasso d’indisciplina e connivenza generalizzati. Il Presidente non crede alla tesi della società civile buona contrapposta a una politica cattiva e corrotta: in realtà l’una è lo specchio dell’altra”.
Da ultimo, ha citato alcuni “italiani esemplari” ma non ha fatto menzione – a differenza dell’anno scorso – dei due marò. A suo avviso perché?
“Siamo in un frangente particolarmente delicato della trattativa. Non è da escludere che vi siano state valutazioni con il presidente del Consiglio e il ministro degli Esteri che lo hanno portato a soprassedere su questa vicenda. Certo che, quando si chiede una ‘posizione assertiva’, non si parla certo di un’Italia che subisce…”.