Uno sguardo al futuro

Dopo il Giugno Antoniano: ritrovare San Francesco

Concluso il tempo dell’inserimento e dell’osservazione, è giunto per la Comunità interobbedienziale il momento della proposta da costruire attorno alla chiesa di San Francesco

«Il prossimo impegno è far capire ai fedeli la proposta che viene da noi francescani». La chiusura dei festeggiamenti antoniani di Rieti, per i frati della Comunità francescana interobbedienziale rappresenta forse il vero punto di inizio della loro esperienza. Perché alla folla che ha partecipato al momento della reposizione, alla città che li ha visti quotidianamente impegnati in San Francesco, è diventato chiaro che i tre religiosi non sono gli ospiti del Giugno, ma una presenza costante, una guida alla quale affidarsi.

Qualche piccolo segno c’è stato già quest’anno. L’esempio è quello dei teli che chiudevano l’abside della chiesa, costruendo una sorta di fondale per la statua di sant’Antonio. «Non è stato fatto per una questione di gusto – spiega padre Antonio Tofanellima perché la chiesa è costruita con una vetrata secondo una ragione. La luce del sole che entra dentro la chiesa e illumina l’altare è la luce di Dio che risplende nei santi. Se entri in chiesa e non vedi bene sant’Antonio perché sembra esserci troppa luce non importa, è più importante che avanzando ci si accorga che quel santo è investito dalla luce e che è a quella luce che deve condurre».

Un progetto ambizioso

Alle spalle della Comunità dei francescani si intravede un progetto pastorale ambizioso, ma per prima cosa è necessario rimettere in ordine l’edificio della chiesa. La scommessa dei religiosi è quella di mettere d’accordo tutti i soggetti coinvolti per arrivare a un progetto di restauro unitario e condiviso. Un intervento che ha a che fare con lo stato dell’immobile, con la necessità di provvedere a un impianto di riscaldamento che renda la chiesa praticabile anche in inverno, ma anche con un adeguamento dello spazio liturgico. L’idea è quella di arretrare l’altare fin dentro alla balaustra, spostando il grande tabernacolo e dunque riaprendo completamente alla vista l’abside, per poi togliere la pedana e fare spazio al luogo più adatto alla statua. Un progetto pensato non per violare la tradizione, ma per favorire una corretta devozione, che terrà conto anche dell’uso popolare di girare attorno alla statua.

Non mancheranno le critiche, ovviamente: i frati lo hanno già messo in conto. Del resto può capitare che qualcosa non venga al meglio, come nel caso della videoproiezione sulla facciata, che quest’anno, al suo primo esperimento, non è riuscita in modo ottimale. Ma invece di soffermarsi sul poco che non ha funzionato, i critici farebbero meglio a concentrarsi di più sulla bellezza della presenza delle famiglie francescane riunite in un luogo significativo quale è la chiesa di San Francesco. «Cercheremo di fare in modo di avere un progetto unitario e organico di recupero e di portarlo a termine, cercando un forte coinvolgimento popolare e puntando molto sul fatto che in quella che è la seconda o terza chiesa francescana della storia c’è oggi la Comunità interobbedienziale: una cosa che ha un valore su scala mondiale».

Un esperimento unico

Padre Antonio, padre Luigi e padre Marcello sanno bene di non aver dato vita a una comunità qualsiasi. Non stanno a Rieti a titolo personale, ma per mettere insieme la storia delle rispettive famiglie. Su di loro convergono le aspettative di 10,000, 4,000, 15,000 confratelli. «La nostra è una esperienza unica al mondo», spiega padre Luigi Faraglia, e l’ha resa possibile l’intuizione del vescovo, che con l’appoggio del papa ha voluto per la «città una forte presenza francescana», intuendo che il territorio in cui tanta parte del movimento francescano ha avuto inizio è anche l’ambiente adatto perché i diversi rami di quella storia si rimettano insieme, avvantaggiandosi delle rispettive ricchezze. «Le cose che uniscono sono il 99%. Le cose che dividono sono esperienze che all’interno del movimento francescano hanno la loro ragion d’essere, o l’hanno avuta. Le abbiamo analizzate insieme e oggi non costituiscono problema, ma un arricchimento, tre stili diversi di vivere che possono stare insieme in fraternità».

Una proposta interessante dal punto di vista spirituale, che può aiutare anche la vita secolare della città: in fondo San Francesco non è solo una chiesa, nella storia è stata anche uno spazio dell’istituzione comunale. Erano le famiglie nobili che costruivano la chiesa e la mantenevano. C’è tutta una storia da attualizzare e offrire al futuro, come fatto popolare.

La proposta pastorale

Quanto all’attività pastorale vera e propria, i frati si stanno confrontando per fare una proposta che tenga conto di come la Chiesa di San Francesco sia oggi al centro del territorio di tre grandi parrocchie. «Non pensiamo tanto alla messa – spiega padre Antonio – quanto a un servizio, una scuola della parola, a situazioni di preghiera e di adorazione, a vivere in modo forte i momenti mariani, ad attività legate ai nostri santi francescani, come san Bernardino. E il Giugno Antoniano sarà anticipato da una tredicina di preghiera e preparazione spirituale.