Don Domenico: «mai dubitare della misericordia di Dio»

Non dobbiamo mai dubitare della misericordia di Dio. È questo il cuore del ragionamento che il vescovo Domenico ha presentato ai tantissimi fedeli presenti alla celebrazione della Domenica delle Palme. Una liturgia che ha avuto inizio presso la basilica minore di Sant’Agostino con la rituale benedizione dei ramoscelli d’ulivo, per poi raggiungere processionalmente la Cattedrale.

L’ingresso è avvenuto attraverso la Porta Santa aperta lo scorso 13 dicembre: un passaggio che ha introdotto anche «al mistero della Pasqua», all’«ambivalenza di festa e di dramma» insita nella Domenica delle Palme e della Passione, alla contraddizione tra quelli che inneggiano al Messia e quanti (forse gli stessi!) grideranno di lì a poco: «Crocifiggilo!».

Un contrasto che vive anche nelle figure di Pietro e Giuda. «A volte sono associati nel comune tradimento – ha notato mons. Pompili – in realtà essi sono profondamente diversi». Ma non solo perché Pietro rinnega il Maestro per salvare se stesso, mentre Giuda vende il profeta di Nazareth ai suoi nemici:

La differenza si accentua dopo il tradimento. Pietro quando incrocia lo sguardo di Gesù capisce il male compiuto e piange. Giuda si dispera per la colpa commessa e si toglie la vita. Questo semplice confronto dimostra che dello sguardo misericordioso di Dio non dobbiamo mai dubitare. Il problema semmai è che noi disperiamo di noi stessi. «Lui mai si stanca di perdonare, ma noi, a volte, ci stanchiamo di chiedere perdono» ha detto papa Francesco. Potremmo chiederci mentre attraversiamo la porta di questa Pasqua: sono ormai stanco di chiedere di essere perdonato? Riuscirò a compiere questo passo di riconoscere la mia meschinità o rinvierò ancora una volta l’abbraccio di Dio?

Un esame di coscienza per il quale possono tornare utili «altri due personaggi che si fronteggiano nel lungo racconto della Passione di Luca»: i due ladroni.

Tutti e due sono crocifissi accanto all’innocente che è sulla croce, bloccato e inerme, in attesa della morte ormai certa. Uno dei due non gli crede ed anzi lo provoca: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi» (Lc 23,39). L’altro ladrone invece riconosce l’innocenza, la verità dell’uomo mite e inerme: «Egli non ha fatto nulla di male» (Lc 22, 41). Compie il passo decisivo, quello di fidarsi: «E disse: “Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno”. Gli rispose: “In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso”» (Lc 23, 42-43). Il primo ad entrare attraverso la porta che conduce a Dio è un ladro!

«È quest’atto di fiducia estremo in Gesù Cristo quello che dobbiamo augurarci. Diversamente – ha concluso don Domenico – il nostro dolore rischia di annientarci e di precipitare nella disperazione. Solo credendo a quel crocifisso così uguale, ma anche così diverso da noi, la nostra vita non sarà inutile e perfino il male fatto potrà essere convertito. La misericordia di Dio, infatti, sa usare perfino la morte per dare la vita».

Omelia della Domenica delle Palme (21 marzo 2016)