Dio è morto?

Il rapporto con la fede degli studenti dei licei reatini oscilla tra scientismo radicale, luoghi comuni e senso di smarrimento. Ma il problema di Dio non viene eluso.

Dio è morto davvero, come canta Francesco Guccini, oppure è stato solamente “messo da parte” per fare spazio alle ragioni della scienza e della tecnica? Quando un uomo osserva il mondo, la sofferenza dei suoi simili, il cieco egoismo di molti; quando si pone di fronte all’inesorabilità della morte e alla furia distruttrice delle catastrofi naturali che stanno annientando il nostro pianeta… quanto di tutto ciò lo spinge a cercare una consolazione e una risposta nella fede religiosa, quanto in quella scientifica?

Cerchiamo la risposta tra i giovani, che rappresentano una indicazione più evidente di come la società stia oggi evolvendo. Di seguito le risposte degli studenti del Liceo Classico di Rieti quando è stato loro chiesto di definire il proprio rapporto con la religione.

Agnese

Io credo, ma, come molti, non sono praticante. Dopo la Comunione e la Cresima, non ho ricevuto stimoli che mi spingessero a continuare a frequentare la Chiesa. Credo fermamente però, che la scienza non possa spiegare tutto e che parte delle risposte che gli uomini stanno cercando si trovi anche nella religione. Sono stata educata a pensarla così. Mio fratello al contrario è ateo: è convinto che la scienza possa spiegare tutto.
GiovanniIo ho sempre creduto, fin da piccolo. All’inizio in realtà ero spinto dalle ragioni dell’abitudine e dal fatto di essere circondato da una famiglia di persone credenti; poi però ho avuto modo di compiere alcune esperienze personali che hanno iniziato a formare in me una fede più autentica. Mi sono posto delle domande, e tutte queste domande hanno rafforzato la mia fede.

Francesca

Ho un rapporto molto conflittuale con la religione. Non sono stata mai battezzata; i miei genitori hanno agito così anche per permettermi di scegliere liberamente, una volta divenuta adulta, quale religione abbracciare: mia madre infatti, è tunisina. Ho sempre sentito l’esigenza di entrare a far parte di una religione, di credere in qualcosa, ed ho iniziato a studiare e informarmi. Nel Cristianesimo però non mi ci ritrovo affatto; il mio approccio è troppo razionale e trovo che non vi siano abbastanza prove che dimostrino l’effettiva esistenza di Cristo, degli Apostoli e di tutto quello che la Bibbia racconta. Per quanto riguarda la religione islamica invece, quando mi capita di parlare con i miei parenti a Tunisi, l’Islam mi sembra essere la religione più bella al mondo… voglio dire, me ne parlano con le lacrime agli occhi, ci credono fermamente; poi però osservo la realtà quotidiana, i fondamentalismi che questo credere cieco ha prodotto, e capisco di non riconoscermi neppure in questa. Prima ero agnostica, ora senza dubbio atea.

Martina

Ogni volta che nella mia vita ho incontrato persone religiose, persone di grande fede, mi sono sempre sentita estremamente “in basso”… mi spiego meglio: mi sento talmente “piccola”, da non riuscire neppure a pensare ad una cosa così alta come Dio. In questo momento della mia vita, Dio non è la priorità; mi sento totalmente sommersa dalla quotidianità, da centinaia di altre cose infinitamente più piccole al confronto, che non riesco neppure a concepirlo Dio. Credere, in questo momento, mi appare quasi una sorta di “responsabilità”.
FedericoSono un ateo convinto, anzi, in materia religiosa mi definisco un nichilista. Per me la Chiesa non rappresenta un’istituzione fondamentale… tutt’altro; non credo per motivi molto razionali: la scienza spiega tutto, l’uomo è un aggregato di atomi e di reazioni biologiche dal mio punto di vista.

Gregorio

Penso che credere sia una cosa bellissima; il lato spirituale della vita non è assolutamente trascurabile ed io, il mio lo coltivo nella religione cristiana, che, anche per un mero fatto culturale, è quella più affine al mio modo di essere e di sentire.

In conclusione a questa piccola inchiesta, mi domando perché se le persone atee, o agnostiche tutt’al più, sembrano essere così numericamente superiori a quelle credenti; se ovunque è più frequente udire bestemmie verso Dio, che parole d’amore verso il prossimo… perché allora nelle aule del mio Liceo, negli uffici, negli ambulatori di tutta Italia, appeso al muro campeggia quasi sempre un crocifisso; perché gli studenti scelgono di seguire l’insegnamento della religione che, come previsto dalla legge è opzionale; perché quando il mondo intero con i suoi cataclismi, sembra volersi ribellare all’uomo, si grida «Dio, perché hai permesso tutto questo?». La vera domanda dunque, è se la religione cristiana in Italia sia ormai divenuta una questione di mera abitudine, di fattori culturali, di istinto di uniformarsi alla massa, o se vi sia ancora qualcosa di genuino e spontaneo nei nostri cuori, verso questa religione e il suo rivoluzionario messaggio di amore universale.