Da Caritas una ciclofficina per promuovere socialità, integrazione e nuovi stili di vita

Un corso annuncia l'apertura a Rieti di una ciclofficina sociale, nella quale si riparano le biciclette e si insegna a farlo a chi ancora non ne è capace.

L’obiettivo è aprire a Rieti una ciclofficina sociale, nella quale si riparano le biciclette e si insegna a farlo a chi ancora non ne è capace. L’apertura è prevista a gennaio, ma intanto è partito un corso in cui si riciclano le bici, ci si incontra, ci si conosce. A raccontare il progetto è Antonella Liorni, che lo segue per conto della Caritas diocesana.

«La ciclofficina è un’ambiente dotato di attrezzatura specifica per riparare le biciclette, dove chiunque può riparare la propria bicicletta, soprattutto grazie alla collaborazione degli altri utenti», spiega Antonella. «Nella ciclofficina si impara l’arte della costruzione e manutenzione avendo a disposizione materiali da riciclo provenienti da vecchie biciclette: non si tratta di portare la propria bici rotta a riparare, per questo c’è già chi lo fa di professione. Nella ciclofficina chi sa riparare le biciclette aiuta gratis chi non lo sa fare».

Da questo punto di vista la ciclofficina si propone di essere un segnale positivo anche rispetto a tante sollecitazioni del mondo contemporaneo: «è un’attività, un punto di partenza, un momento di riflessione sugli stili di vita, sul consumo, sulla mobilità, sui trasporti. Vogliamo accendere i riflettori sul deteriorarsi della qualità della vita a partire dai livelli di inquinamento dell’aria o dell’inquinamento acustisco. Un altro valore importante è quello del riciclo, e poi c’è il volontariato: la ciclofficina è un luogo per promuovere la socialità».

Oltre all’impegno straordinario dovuto al terremoto, non viene dunque meno il lavoro “ordinario” della Caritas, che non ha mai smesso di occuparsi dei poveri, gli emarginati, dei rifugiati con tutte le attività quotidiane che vengono svolte dal Centro d’ascolto e dal Centro Sprar. La ciclofficina è stata pensata proprio nell’ambito di quest’ultimo come occasione per i rifugiati di imparare una professione, di acquisire una competenza, ma anche come momento di scambio con la cittadinanza, perché la ciclofficina è aperta a tutti. «Al corso abbiamo già una trentina di adesioni tra cittadini italiani e rifugiati. I ragazzi stranieri in particolare sono molto interessati perché il loro unico mezzo si trasporto è la bicicletta e per loro è importante saperla usare e riparare, mentre per gli italiani è un modo per incontrare una realtà diversa e avere un servizio che in città ancora non c’era».

«Insegniamo come si va in bicicletta, a mantenerla nel miglior modo possibile, a conoscere le diverse componenti» spiega Flavio Brucchietti, sociologo e insegnante del corso appena inaugurato: «alla bici mi ci sono riavvicinato in età adulta, ho avuto l’occasione di frequentare persone che ne hanno fatto uno stile di vita a dispetto delle macchine che riempiono la città. A livello tecnico ci occupiamo di tutte le parti meccaniche, da uno sguardo d’insieme per arrivare ai singoli componenti: la ruota, il freno, il cambio. Vorrei che alla fine del corso abbia la capacità pratica di costruirsi una bici da zero a partire dal telaio».