Crescita senza occupazione

L’automazione e una maggiore produttività dei dipendenti fanno sì che l’occupazione non benefici granché di questa primavera economica.

Eppure la ripresa economica c’è. Niente di trascendentale, ma c’è. Magari difficile da avvertire, ma c’è. Le stime sul Pil parlano di una crescita che non vedevamo da tempo. Bisogna vedere se la situazione terrà fino alla fine dell’anno: quando la crescita si misura in poco più di un uno per cento, basta un niente per farla tornare allo zero virgola.

Ma il Paese cresce, la recessione sembra all’angolo, il tunnel finito. Fino a poco tempo fa ci si scannava su un Pil che oscillava tra lo 0,7 e lo 0,8 per cento. Ora stiamo parlando di un aumento annuo quasi doppio, rispetto ad allora. Meno di altri Paesi, ma c’è.

C’è un unico grande “colpevole” di una ripresina che si intravvede ogni mese di più: l’export. Perché tutto il resto è quasi fermo e l’Italia non ha fatto moltissimo per cambiare pelle in questi anni. Visto che il mercato interno è gelido da tempo, molte aziende hanno esplorato ogni mercato mondiale possibile per vendere i loro prodotti, a propria volta innovati, cambiati, inventati. E le esportazioni hanno un padre (la Lombardia e il Veneto soprattutto) e una madre: le medie aziende.

Due parole su queste ultime. Piccolo non è più bello perché non hai la forza di affrontare mercati imponenti o distanti; di grandi aziende ormai ce n’è sempre meno, quasi tutte vendute o trasferitesi con sede legale e fiscale all’estero. Rimangono le medie del manifatturiero: metalmeccanica soprattutto. Una selva di realtà sui 50-100 milioni di euro di fatturato che nessuno conosce ma che fanno vendite, utili, crescita.

Non fanno – almeno finora – maggiore occupazione. Perché i numeri rivelano che il Pil cresce, i posti di lavoro no. L’automazione da una parte, una maggiore produttività dei dipendenti dall’altra, stanno facendo sì che l’occupazione non benefici granché di questa primavera economica. E c’è da raccontare un’amara verità: comunque le aziende manifatturiere stanno facendo una fatica enorme a trovare personale per le fabbriche, insomma operai. Tutti raccontano di selve di curricula ricevuti per posti da impiegati, ma le linee produttive non trovano nuovi addetti.

C’è poi una seconda verità che pesa enormemente sul sistema-Paese. Sta crescendo ancora di più il divario tra un Nord (e in parte il Centro) industrializzato e competitivo, seconda economia manifatturiera d’Europa, tra i primi cinque posti al mondo… E un Mezzogiorno con un Pil e un tessuto industriale da ultimi posti in classifica addirittura europea. Non mancano realtà che sono cresciute e che lottano efficacemente nel mondo della globalizzazione: ma l’intero Sud Italia non riesce a tenere il passo della sola Brianza.

E qui la questione ritorna in mano alla politica. Perché tra due mesi in Lombardia e nel Veneto le popolazioni saranno chiamate ad un referendum puramente consultivo, ma chiaramente indicativo: volete maggior autonomia fiscale e magari qualcosa di più? Perché ad oggi la Lombardia versa allo Stato italiano oltre 50 miliardi di euro all’anno in più di quanto riceve dallo stesso. Uno squilibrio che porta squilibrio.