Cop23 di Bonn. Vincenzo Buonomo: la peggior sciagura è l’indiferenza

Si è aperta lunedì 6 novembre a Bonn la 23ª conferenza Onu sui cambiamenti climatici (Cop23). Peggiora inesorabilmente lo stato di salute del pianeta terra ma i leader mondiali stentano a prendere decisioni in grado di fermare il riscaldamento climatico nonostante gli uragani, la siccità endemica, l’innalzamento degli oceani. Il ruolo della società civile – osserva il professore Vincenzo Buonomo – è essenziale. Se cala l’attenzione, viene meno anche l’impulso necessario perché i cosiddetti decisori possano prendere decisioni conformi alle necessità della famiglia umana. Il video-appello delle Chiese cristiane

Disimpegno dei Paesi nei confronti degli impegni presi a Parigi. I dati inquietanti del mondo scientifico circa il futuro del pianeta terra e della sopravvivenza della famiglia umana. Scarsa attenzione da parte dell’opinione pubblica alle decisioni che i leader mondiali sono chiamati a prendere per porre rimedio. Sono queste le sfide più importanti sul tavolo della 23ª Conferenza Onu sui cambiamenti climatici (Cop23) che si è aperta lunedì 6 novembre a Bonn. A elencarle è il professore Vincenzo Buonomo, docente di diritto internazionale all’Università Lateranense, nominato da papa Francesco consigliere dello Stato vaticano.

La sfida del “disimpegno”. “Credo che l’importanza della Conferenza di Bonn – spiega al Sir Buonomo – sia data dal venir meno degli impegni presi a Parigi dai 168 Paesi firmatari della Convenzione. Impegni che rischiano di saltare e non soltanto perché un Paese ha annunciato di ritirarsi ma perché da parte degli altri

non c’è stata una attenzione concreta, soprattutto per quanto riguarda i finanziamenti necessari ad evitare l’impiego di carbone come fonte energetica.

Questa è la grande questione che ci si era posti a Parigi: in quella occasione gli Stati si erano impegnati a risolvere la questione con un finanziamento che a partire dal 2018 doveva arrivare a 100miliardi di dollari l’anno. Ciò per consentire il raggiungimento graduale del cosiddetto “carbon free”. Ma i dati di oggi dimostrano che tutto questo non è avvenuto. Alcuni Paesi hanno motivato il loro disimpegno imputandolo a situazioni economiche interne. Sta di fatto che ad oggi, nonostante le molteplici e ripetute dichiarazioni di intenti, ogni Paese aspetta che sia l’altro a fare il primo passo e nessuno prende una iniziativa diretta”.

La sfida della scienza. C’è poi una seconda sfida che a Bonn dovranno in qualche modo affrontare e cioè i dati provenienti dal mondo scientifico. Secondo le Nazioni Unite, il 2013-2017 è stato il periodo quinquennale più caldo mai registrato. Quest’anno è stato segnato da avvenimenti memorabili, come la serie di uragani di alta intensità che ha scosso l’area caraibica e l’Atlantico e i picchi di oltre 50°C di temperatura registrati in Asia, oltre ad una siccità endemica in Africa orientale. “Al di là di questioni su cui si può o non si può essere d’accordo, il dato scientifico è oggettivo e sul dato scientifico c’è poco da dire”, commenta Buonomo. E poi,

“esiste ormai l’evidenza di piccoli Stati insulari che rischiano di sparire a causa dell’innalzamento del livello del mare”.

Ma c’è di più: secondo diversi studi, gli impegni presi a Parigi non sono sufficienti e potrebbero portare ad un innalzamento della temperatura di 3°C. “Questo significa – spiega il professore – che è necessario ripartire da una presa di coscienza. In concreto implica: piani nazionali sulla energia; piani nazionali di modifica di consumo dell’energia (quindi produzione e consumo); capire qual è il livello di produzione ed emissione di CO2 che crea un impatto, senza con questo andare a detrimento delle economie e attività economiche”.

Il ruolo della società civile. Diverse migliaia di persone sono scese in piazza a Bonn per il clima, in vista dell’avvio dei lavori della conferenza Onu sul clima Cop23.

“Sì alla giustizia climatica, no al carbone”, è lo slogan che i manifestanti hanno scandito per le strade di Bonn.

Tra loro ci sono anche le principali organizzazioni mondiali delle Chiese cristiane: il Consiglio mondiale delle Chiese (Wcc), Act Alliance e la Federazione luterana mondiale che hanno rivolto un video messaggio chiedendo ai leader riuniti a Bonn di agire insieme per “la giustizia climatica” e di avere soprattutto a cuore “le necessità e i diritti dei più vulnerabili”, dice Rudelmar Bueno de Faria, segretario generale di Act Alliance. Il ruolo della società civile – osserva Buonomo – “è essenziale. Se nel 2015, l’opinione pubblica era tutta proiettata a seguire ciò che avveniva a Parigi, oggi quanti si stanno accorgendo che a Bonn è iniziata una conferenza sul clima? Questo significa che anche i sistemi di informazione sono fortemente limitati. Ma se cala l’attenzione della società civile a ciò che avviene e alle decisioni che verranno prese, viene meno anche l’impulso necessario perché i cosiddetti decisori possano prendere decisioni conformi alle necessità della famiglia umana. Mi viene in mente quanto ha detto papa Francesco di recente alla Fao, parlando proprio della questione climatica. Il problema non è soltanto di chi si sottrae agli impegni e questo è già una sciagura. Il problema è la mancanza di attenzione ad un fenomeno che condiziona e condizionerà sempre di più il futuro del pianeta terra e della famiglia umana”.