«Cop 22 metta diritti dei popoli al centro delle politiche pubbliche»

L’appuntamento che si aprirà la prossima settimana a Marrakech dovrà sottolineare l’importanza che ogni iniziativa contro il climate change si fondi sul rispetto dei diritti delle popolazioni locali. È l’analisi di climatologi e contadini intervenuti nella seconda giornata del 13° Forum internazionale dell’Informazione ambientale

Il rispetto dei diritti umani e delle diversità come elemento chiave nelle politiche di sviluppo sostenibile che devono essere ribadite alla COP 22, che si aprirà la prossima settimana a Marrakesh. È l’appello lanciato dal Forum Greenaccord nel corso della seconda giornata del 13° Forum Internazionale per l’Informazione ambientale organizzato a Frosinone, in collaborazione con i ministeri degli Affari Esteri e dell’Ambiente a Frosinone, dedicata ai popoli indigeni impegnati nella difesa dei loro territori.

“Il 60% della Terra è gestita da comunità locali, ma solo il 10% è riconosciuta ufficialmente di loro proprietà”, ha spiegato Francesco Martone, esperto di questioni climatiche e diritti dei popoli indigeni, secondo cui il riconoscimento del diritto all’autodeterminazione dei popoli indigeni “deve essere considerato un elemento costitutivo nei tavoli internazionali”. Quanto al contributo che queste comunità possono offrire sul fronte della lotta ai cambiamenti climatici, Martone sottolinea che “tutelare le loro terre è un modo efficace per tenere la CO2 nel suolo e quindi intraprendere un’azione di mitigazione e adattamento”.

In vista della COP22, il climatologo ha sottolineato le tante sfide da affrontare: implementare l’accordo di Parigi, ridisegnare lo sviluppo agricolo in base all’adattamento al cambiamento climatico, ma soprattutto “ribadire l’impegno che qualunque iniziativa sul cambiamento climatico debba fondarsi sul rispetto del diritto dei popoli indigeni”. Un tema, quello dei diritti umani, che secondo Martone è affrontato nell’accordo di Parigi “in modo troppo vago, senza considerarlo come un obiettivo chiave dello sviluppo sostenibile che deve rispettare le diversità”.

E la tutela dei diritti delle comunità locali va di pari passo con il riconoscimento del settore agricolo come realtà cruciale per la loro vita ma  fortemente danneggiata dai cambiamenti climatici. A tracciare un focus sul mondo agricolo è Ignazio Gibiino, presidente Giovani Coldiretti Sicilia, che nel suo intervento ha ricordato come la Sicilia, storicamente considerata “granaio d’Italia” oggi abbia visto spostare il 50% della produzione di grano in pianura padana, esattamente come accaduto con i pomodori, un tempo di origine esclusivamente campana e oggi, a seguito dei cambiamenti climatici, prodotti in gran parte nel Nord Italia.

“Il settore agricolo negli ultimi 20 anni ha ridotto del 20% le proprie emissioni di CO2”, ha ricordato il rappresentante di Coldiretti, anche grazie agli impegni comunitari che oggi destinano fondi importanti al settore. In tema di politiche sostenibili “è fondamentale considerare l’agricoltore come soggetto sociale di un bene comune quale è il territorio”, ha ribadito Gibiino.

Il responsabile della Coldiretti Giovani Sicilia ha voluto anche ribadire l’impegno della sua organizzazione sul tema dell’etichettatura e contro gli Ogm. “Basta leggere le intercettazioni pubblicate da Wikileaks in cui i tecnici della Monsanto additano la Coldiretti come una ‘organizzazione maledetta’ che ha impedito agli Ogm di entrare nel mercato italiano”, ha ricordato Gibiino.