Conservatorio, la città in piazza

In seguito al progressivo esautoramento delle Province, fortemente a rischio anche il futuro dell’Università. Tagliati i fondi, solidarietà agli studenti dell’istituto musicale. Fondazione Varrone: «Il nostro intervento soltanto sussidiario, la politica agisca».

Appare inarrestabile il processo involutivo che da più di un quinquennio ha investito Rieti. In questi giorni la regressione ferisce e travolge le sue più prestigiose istituzioni culturali, che sono il Conservatorio musicale, attivato dall’Amministrazione provinciale quale sezione staccata di quello romano di Santa Cecilia, e l’Università, che mosse i primi passi nel 1994 con i corsi di diploma e poi nel Duemila, con la sottoscrizione di una convenzione con le Università di Roma e di Viterbo. Il Polo di Rieti nacque da qui, con i primi corsi di laurea dipendenti dal Consorzio della Sabina Universitas presieduto adesso dal dottor Maurizio Chiarinelli. Nel Consorzio affluirono le necessarie risorse finanziarie degli enti locali che si stabilizzarono in 2,4 milioni di euro di spesa annua complessiva. Il pericolo di sospensione delle attività s’è fatto grande, anzi grandissimo, per il mancato versamento delle quote di alcuni enti fondatori. Tutto insieme lo spauracchio ha preso corpo. È divenuto gigantesco e persino incombente. La realtà che la sezione distaccata del Conservatorio di Musica possa cessare le proprie lezioni e i relativi tirocini addirittura a metà del prossimo mese di marzo non è più una minaccia. Tale disgraziata evenienza – che ha visto gli studenti scendere in piazza a suonare in una manifestazione che ha visto l’appoggio di molti cittadini – rischia, con il passare dei pochi giorni rimasti, di perdere i contorni del solo fantasma che fino ad ora s’aggirava nei vialetti e nelle stanze del Parco della Musica e nella villa di Collebaccaro, che era stata del baritono Mattia Battistini, per assumere adesso le fattezze di ben affilate e ciclopiche forbici con cui i dirigenti del Conservatorio romano verranno a tagliare le funzioni operative e a rimandare a casa i 150 studenti che frequentano le classi. Motivo? L’Amministrazione provinciale non ha più le competenze di spesa che prima sosteneva, cosicché non pagherà il contributo di 250 mila euro che si era impegnata a versare per tenere in piedi l’istituzione. Far fronte ai carichi assunti durante il tempo di vacche grasse è divenuto illegittimo. La decisione di abolire le Province e di togliere loro innanzitutto le risorse residue per svolgere tali tipi di opzioni culturali comincia – così come intendeva il Parlamento – a far sentire i suoi effetti che sono la revisione della spesa. L’Unione Europea ha imposto all’Italia di risparmiare: «Fate i compiti a casa e stringete la cinghia voi italiani per ridurre l’enorme debito pubblico che affligge il bilancio e zavorra le vostre economie». A Rieti si è cominciato: così, per le stesse ragioni del Conservatorio, identica minaccia pende sul Polo della Sabina Universitas. Palazzo d’Oltrevelino, sede della Provincia, non ha più soldi per sostenere l’istruzione universitaria e quindi s’appresta ad alzare bandiera bianca anche in questo campo. In gravi condizioni finanziarie versa il Comune capoluogo. Per cui anche i nove corsi di laurea funzionanti e frequentati da oltre 1.600 studenti e i numerosi master di laureati provenienti da tutta Italia rischiano la sorte del Conservatorio, almeno a partire dal prossimo anno. Le speranze, il cuore e gli occhi di tutta la città e la provincia sono ora appuntati sull’unico ente che ha risorse finanziarie disponibili per sostituirsi alle istituzioni che vi erano tenute, che è la Fondazione Varrone. Essa è stata chiamata in causa dai responsabili regionali, provinciali e dei restanti enti locali che hanno inviato una “Lettera aperta” sollecitatoria ad intervenire e a cui ha risposto il cda della Fondazione esprimendo «perplessità in merito al testo… e, soprattutto, al messaggio che attraverso essa si è inteso veicolare, alla luce dell’impegno che la Fondazione ha sempre profuso nel sostenere “l’economia della conoscenza” nel nostro territorio» . La fondazione bancaria ha puntualizzato che «può svolgere solo funzioni di sussidiarietà e in via autonoma senza assumere carattere sostitutivo nei confronti dell’attività ordinaria ed istituzionale degli enti pubblici». Davanti all’appello delle istituzioni, interpretato forse come volontà di forzare l’autonomia decisionale del consiglio di amministrazione della Fondazione, l’organo stesso ha reagito rivendicando il proprio ruolo d’indipendenza ed ha richiamato l’attenzione generale sull’obbligo a cui è tenuta che è quello di non poter assumere il totale finanziamento delle attività del Conservatorio come ha capito che si vorrebbe. Quindi ha fatto intendere di non poter sorvolare «sul divieto di potersi sostituire completamente alle attività precipue delle istituzioni» ma non ha mancato di rendersi responsabilmente «disponibile ad un esame congiunto delle istanze rappresentate» lasciando aperta la porta della collaborazione. In omaggio alla massima trasparenza e rafforzando la propria posizione, la Fondazione ha messo in rete notizie da cui si ricava che, negli ultimi cinque anni, essa ha erogati al Consorzio universitario ben 4 milioni e 500 mila euro e di aver operato già un primo salvataggio del Conservatorio assegnando alla Provincia «un contributo straordinario di 50 mila euro finalizzato ad evitarne la chiusura e quindi la perdita di un’offerta formativa d’eccellenza per i giovani, la città e l’intero territorio».

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