Per tutto l’inverno ci hanno detto che la crisi del commercio si spiega in buona parte con la maledizione della Ztl. Oggi le regole sul traffico non sono cambiate, ma ad un tratto i mugugni si sono come estinti. E senza nemmeno la giustificazione dell’arrivo della buona stagione, finora assai timida nel concedere le sue grazie. Vorrà dire che nonostante tutto il commercio in centro è tornato protagonista di una tendenza positiva. O forse ci si è semplicemente stancati di stare a lamentarsi.
Sul tema, come sempre, ognuno la pensa come vuole. Solo la crisi, si direbbe, è “oggettiva”. Ed è pure una scusa buona per ogni disfunzione. Anche se prima o poi dovremo pure ammettere che questa semplificazione non rende per niente giustizia alla moltitudine di situazioni che stiamo affrontando.
Restando al tema del commercio, ad esempio, sembra che finora si sia ragionato un po’ troppo di Ztl, e assai poco d’altro. Se ad esempio avete sentito imputare un concorso di colpa nella moria dei negozi all’avvento della grande distribuzione siete stati fin troppo fortunati. Infatti, piuttosto che criticare l’invasione dei supermercatoni, si è addirittura cercato di farne costruire un altro a furor di popolo! E quante lacrime quando il Consiglio comunale ha tarpato le ali a questo nuovo miracolo reatino, fatto di investimenti milionari e posti di lavoro come se piovesse!
Ma oramai il pericolo è scampato: possiamo provare a farci anche altre domande. Ad esempio: non sarà che il vero concorrente dei nostri piccoli negozietti prospera in rete? Non sarà che Amazon, Zalando e poche altre grandi realtà economiche, finiranno con il fagocitare la quasi totalità del commercio, sia dentro che fuori la rete?
Di fronte a questi colossi, persino il negozietto che dà battaglia perché le auto dei suoi clienti possano spietatamente posteggiare in sosta vietata su via Cintia, ispira una paradossale simpatia.
Oltre a rappresentare una concorrenza imbattibile per l’acquisto della porta accanto, infatti, il commercio elettronico ha ricadute culturali, sociali ed economiche tutt’altro che trascurabili. E una volta entrato definitivamente nel costume, sarà difficile per gli esercenti tradizionali contrastare la progressiva disaffezione dei loro clienti abituali.
In fondo, con la frenesia che viviamo, perché dovremmo perdere tempo in un negozio tradizionale, rovistare negli scaffali, chiedere alle commesse e preoccuparci del parcheggio quando l’oggetto dei nostri desideri è alla portata di pochi click del mouse e per di più ad un ottimo prezzo?
Direte che le ragioni sono tante, che vanno dalla possibilità di trovare e scoprire cose che non stavamo affatto cercando, a quella di incontrare altre persone, condividere esperienze, consigli e opinioni. E poi lo shopping in città ha pur sempre il vantaggio di accompagnarsi ad una boccata d’aria, anziché stare rintanati in casa con la faccia incollata ad uno schermo.
È tutto vero, ma fatta salva l’aria fresca, è prudente non sottovalutare il potenziale “sociale” della rete. Quello che ha fatto Facebook alla vita relazionale, può tranquillamente replicarsi nella dimensione dei consumi. E a favore degli acquisti su internet gioca anche un comodo anonimato, che mette al riparo da ogni curiosità indesiderata attorno ai propri acquisti.
Ma forse ci stiamo facendo prendere la mano. Abbiamo tratteggiato uno scenario a tinte fin troppo fosche. Però, se i piccoli negozi tradizionali iniziassero a disporre un’offerta non disponibile in rete o altrove, dimostrerebbero comunque una sana prudenza.
Non si tratterebbe necessariamente di cambiare prodotti, ma di aggiungere un elemento che faccia la differenza. Qualcosa del genere l’ha fatto da poco la rinnovata Libreria Moderna: non avrà sugli scaffali i milioni di titoli disponibili su internet, ma provate a prendere un caffè in compagnia da Amazon!
E un’altra strategia potrebbe essere quella di puntare con più convinzione su una maggiore qualità o sulle produzioni locali. Qualcosa ci fa pensare che in questo modo si otterrebbe in un colpo solo un vantaggio sull’invadente concorrenza cinese (altro fattore trascurato!), una alternativa alla merce seriale on-line e una spinta ai pigri reatini a farsi una ragione della Ztl e scalare a piedi l’impervia via Roma per conquistare la vetta di piazza.
Ma poi queste cose che le diciamo a fare: i commercianti reatini sanno il fatto loro, e tutte queste considerazioni le avranno sicuramente e da tempo già fatte da sé!
Beh, io non credo che si possa pensare che con “l’artificio giusto” si possa modificare la tendenza in atto.
Quanto alla concorrenza cinese, forse potrebbe essere ora di finirla di parlarne senza dire nulla altro che “cinese”, lasciando che sia la parola stessa a suscitare reazioni – prevedibilmente di fastidio – ognuno per il motivo che crede.
Due passaggi mi sembrano poco condivisibili:
“È tutto vero, ma fatta salva l’aria fresca, è prudente non sottovalutare il potenziale “sociale” della rete. Quello che ha fatto Facebook alla vita relazionale, può tranquillamente replicarsi nella dimensione dei consumi. E a favore degli acquisti su internet gioca anche un comodo anonimato, che mette al riparo da ogni curiosità indesiderata attorno ai propri acquisti”.
Cosa ha fatto facebook alla vita relazionale?
Con tutte le resistenze del caso, non si può negare che facebook sia un potente moltiplicatore di relazione, non tutte e non sempre virtuali.
Facebook connette, ma soprattutto mantiene in connessione. E, a parte situazioni esasperate, non è alternativo alle relazioni concretamente vissute.
Basta uscire il sabato pomeriggio e guardare come gli adolescenti – facebook native – si godono la reciproca fisica compagnia
Diverso l’effetto nella dimensione dei consumi, dove invece la relazione viene meno praticamente del tutto (mai parlato con il signor Amazon).
Insomma relazione umana diretta e scambio di merci non si sovrappongono più.
Tendenza già presente nel supermercato in realtà (avete mai provato a scambiare due chiacchiere con il cassiere della Coop? il secondo in fila dopo 5 secondi, vi richiama allo scopo dell’incontro: pagare!)
Comunque è vero: il mondo è oggi obiettivamente molto più socialmente interconnesso.
Tanto che, quando compriamo – anche dal nostro negoziante di fiducia – la camicia colorata di qualunque marca, siamo i terminali di un processo che ha coinvolto – senza necessario contatto fisico – molte decine di persone di almeno tre paesi diversi. Se poi volessimo mettere insieme davvero tutti i pezzi del processo, dalla materia prima al consumo, ci accorgeremmo che abbiamo acquistato pezzetti da diverse parti di mondo.
La questione è oggi del commercio, ma è, più in generale, del modo di procedere dell’economia, che standardizza, automatizza, riduce tempo e lavoro.
Altro passaggio
“Forse ci stiamo facendo prendere la mano. Abbiamo tratteggiato uno scenario a tinte fin troppo fosche. Ma se i piccoli negozi tradizionali iniziassero a disporre un’offerta non disponibile in rete o altrove, dimostrerebbero comunque una sana prudenza”.
Qualunque produttore – soprattutto se di “prelibatezze locali” sa che, se vuole sopravvivere e superare i confini del suo ristretto orizzonte di prossimità, deve essere on-line.
Questo non vuol dire che viene meno il punto vendita locale, ma che si provano ad aumentare le opportunità.
Diciamo che è forse più facile comprare le scarpe in negozio, per poterle misurare. O un vestito, per vedere come sta addosso.
Ma, un libro, se sai cosa vuoi, lo compri benissimo on-line … e senza il minimo senso di colpa!
Se devi fare un regalo, invece, è meglio andare in libreria.
Insomma, ci sono mercati diversi e situazioni diverse.
Talvolta è sufficiente personalizzare il prodotto, talvolta è utile essere on-line ed offrire un servizio aggiuntivo.
Magari sarebbe interessante aggregarsi ed offrire prodotti diversificati in un piccolo network locale …
Quello che bisogna, in ogni caso, comprendere è che indietro non si torna.
Le tecnologie stanno cambiando il modo di lavorare e di vivere, ed è un passaggio inevitabile per connettere l’umanità ad un livello più ampio (cos’è altrimenti la globalizzazione?).
Poi c’è la passeggiata del sabato … magari vedi qualcosa … magari entri … ammesso che il reddito te lo consenta.
E si torna a quello che è il vero nodo del commercio reatino: la crisi di lavoro nel territorio.