Commemorazioni

Commemorazione dei defunti, il vescovo Domenico: «Solo il chicco di grano caduto in terra produce molto frutto»

In occasione della ricorrenza del 2 novembre si sono svolte nei cimiteri della diocesi le celebrazioni per la commemorazione di tutti i fedeli defunti.

In occasione della ricorrenza del 2 novembre si sono svolte nei cimiteri della diocesi le celebrazioni per la commemorazione di tutti i fedeli defunti.

A Vazia e a Rieti, a presiedere la Santa Messa è intervenuto anche il vescovo Domenico, riflettendo sulla morte ed al turbamento che provoca in chi resta sulla terra.

«Adesso la mia anima è turbata. Che devo dire?. Così Gesù definisce il proprio stato d’animo, dopo aver raccontato una breve parabola: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto».

Monsignor Pompili ha fatto riferimento ad altre due occasioni in cui si fa riferimento al turbamento di Gesù ed entrambe indicano la sua emozione all’avvicinarsi della propria morte. La prima è davanti alla tomba di Lazzaro: dopo aver pianto, rimase ancora profondamente turbato.

«Perchè la morte di chi ci è caro, è anche un po’ la nostra morte, perché con lui se ne va un pezzo della nostra vita, e niente sarà più come prima. Dopo l’annuncio del tradimento di Giuda, Gesù è scosso non solo per via del tradimento, ma anche perché presagisce la sua fine imminente. Se noi oggi siamo così turbati, scossi, attoniti è perché si fa chiaro il destino comune che ci attende».

«Del resto – ha proseguito il vescovo –  a pensarci la vita stessa è un dono che ci precede: chi ha chiesto di venire al mondo? Non siamo stati, prima ancora di esserci, pensati e desiderati da altri?».

L’invito è a non lasciarsi rinchiudere dal turbamento, ma ad attraversarlo con il Maestro, perchè «senza Gesù che condivide fino in fondo la morte non sarebbe possibile sperare. Per diventare nostro fratello, ha voluto anche Lui tremare di paura, come noi tremiamo al solo pensiero della perdita di chi e di ciò che è vitale per noi. Egli ci capisce: Lui stesso ha provato fino a tremare quanto costa perdere».

«Per questa ragione, chi lo ha seguito, sin dall’inizio, non ha inteso inseguire una dottrina, tantomeno ad un codice di comportamento, ma una speranza. Quella che è scritta, nero su bianco, in una catacomba del primi secoli: In vivis, Tu, ovvero, Tu, morto, sei tra i vivi”. Questo vuol dire credere. Ed è quanto alimenta il nostro impegno quotidiano».