Il ricordo e la riflessione sul martirio di coraggiosi laici come Teresio Olivelli, Piersanti Mattarella, Vittorio Bachelet. Impegno risoluto per giustizia e verità.
Tre martiri del Novecento, accomunati dalla passione civile e dall’impegno per la giustizia, spinti dalla fede cristiana e con una costante: tutti e tre legati all’Azione Cattolica. Un particolare che si è voluto sottolineare, in occasione delle giornate svolte a Rieti, a cavallo della scorsa domenica, nell’ambito del nutrito cartellone di “Santa Barbara nel mondo”, in cui ci si è soffermati su tre protagonisti del XX secolo che hanno testimoniato, in contesti diversi e per motivazioni diverse ma con l’unica risolutezza che nasce da una coscienza cristianamente formata, il servizio alla collettività e l’impegno per la verità usque ad effusionem sanguinis.
L’idea del “Come Barbara”, nelle manifestazioni culturali con cui l’associazione capitanata da Pino Strinati (d’intesa con Curia, Comune, Prefettura e comando dei Vigili del fuoco) accompagna i festeggiamenti in onore della patrona di Rieti, è quella di richiamare all’attenzione – assegnando il premio di cultura così denominato a opere (letterarie o di altro tipo) che ne parlino – figure importanti di persone che hanno dato la vita per gli altri.
I tre sui quali si è focalizzata l’attenzione, nei giorni scorsi, sono Piersanti Mattarella, Vittorio Bachelet e Teresio Olivelli. A parlare del primo, il giornalista che attualmente è nello staff del Quirinale accanto al presidente che del giornalista ucciso da Cosa nostra nel 1980 è fratello. Coinvolgente l’incontro con Giovanni Grasso, autore del libro Piersanti Mattarella. Da solo contro la mafia. Accolto all’Auditorium Varrone da autorità civili ed ecclesiastiche e dai vertici delle forze dell’ordine, il giornalista si è voluto rivolgere soprattutto ai tanti studenti presenti per richiamare il valore di una vita spesa nella difesa della giustizia, nella testimonianza cristiana del presidente della Regione Sicilia che si ritrovò a lottare in modo indifeso contro le cosche mafiose. Ad arricchire la mattinata, la riflessione di monsignor Chiarinelli e la toccante testimonianza di Federica Angeli, giornalista di Repubblica che vive sotto scorta a causa delle sue scomode inchieste sugli intrallazzi di “mafia capitale” a Ostia.
L’indomani, l’auditorium ricavato nella chiesa di S. Scolastica ha accolto la rappresentanza dell’Ac diocesana – in testa la presidente Silvia Di Donna, che ha poi rivolto il suo saluto – insieme a diversi reatini convenuti, oltre che ad applaudire le belle sinfonie della banda–orchestra di Poggio Bustone insieme alla corale parrocchiale di S. Barbara in Agro che hanno allietato il pomeriggio, ad ascoltare la testimonianza di chi all’impegno civile cristianamente ispirato ha visto sacrificare suo papà. Ospite, stavolta, Giovanni Bachelet, che nel febbraio 1980, allora giovane ricercatore tornato dagli Usa appena avuta notizia dell’attentato all’università di Roma in cui era rimasto ucciso suo papà Vittorio, commosse l’Italia intera nel pronunciare, durante le esequie del papà ucciso dalle Br, la preghiera che invocava giustizia senza vendetta, perdono e non odio per i responsabili del barbaro omicidio. A intervistarlo Stefano Ciancarelli, reatino che lavora all’Ave, l’editrice dell’associazione di cui Vittorio Bachelet era stato il presidente nazionale del post Concilio, che ha dato alle stampe il Taccuino ritrovato tra le carte del professore e che la famiglia ha voluto pubblicare proprio come lascito, alla Chiesa e al Paese, di una persona che alla comunità ecclesiale e civile ha dato tanto fino al “martirio” subito da vice presidente del Csm per mano del terrorismo politico.
Su Bachelet proiettato anche un breve e toccante filmato, che ha aiutato a sentire vicina questa figura così cara al mondo cattolico, sottolineata anche dal vescovo Pompili che ha condiviso il ricordo personale del giorno dell’assassinio quando, giovane liceale al “Leoniano” di Anagni, vide scappar via il suo insegnante di religione, il gesuita padre Paolo Bachelet, fratello dell’ucciso.
Anche la mattinata di lunedì, che ha visto don Paolo Rizzi, il postulatore della causa di beatificazione di Teresio Olivelli, premiato per i suoi scritti dedicati al servo di Dio, ha saputo coinvolgere i giovani presenti a Palazzo Dosi sulla figura del partigiano cristiano vittima del nazismo: altro esempio di una vita animata dalla fede e donata per gli ideali di giustizia e verità.
Scarica Lazio Sette (Rieti) 6 dicembre 2015