Entusiasmo, umiliazione, indifferenza, annientamento, misericordia.
Entusiasmo, umiliazione, indifferenza, annientamento, misericordia. Sono le parole che Francesco ci propone nella sua omelia per la Domenica delle Palme, trentunesima Giornata mondiale della gioventù: l’appuntamento, con i giovani è per il prossimo luglio a Cracovia, la città di Giovanni Paolo II, il Papa che inventò questo evento. Il Vangelo di Luca è il racconto degli ultimi momenti della vita terrena di Gesù, dall’ultima cena, al tradimento di Giuda, alla morte in croce, e alla sepoltura in una tomba scavata nella roccia dove nessuno era stato ancora sepolto. Il tutto si racchiude in un oggi che Gesù pronuncia per ricordare a Pietro che lo rinnegherà, e al ladrone crocifisso con lui che sarà nel paradiso.
Entusiasmo. È la folla festante che lo accoglie al suo ingresso a Gerusalemme; vi arriva non in modo privato, come ha fatto altre volte, ma in modo ufficiale, manifestando la propria identità regale, ed è acclamato come un re, dalla folla e dai giovani che lo salutano agitando rami di palma. “Agitando le palme e i rami di ulivo abbiamo espresso la lode e la gioia, il desiderio di ricevere Gesù che viene a noi. Sì, come è entrato a Gerusalemme, egli desidera entrare nelle nostre città e nelle nostre vite”, dice Francesco nell’omelia della messa celebrata sul sagrato della basilica di San Pietro.
L’ingresso a Gerusalemme. Il Signore sale da Gerico, che si trova sotto il livello del mare, fino alla città che è a oltre 700 metri di altezza. Si tratta di una ascesa, ricordava Papa Benedetto, che è esteriore ma anche movimento interiore dell’esistenza: l’uomo può “anche scendere verso il basso, il volgare. Può sprofondare nella palude della menzogna e della disonestà”. Gesù cammina davanti a noi, va verso l’alto; ci conduce, ricordava Papa Ratzinger, “verso la vita secondo verità; verso il coraggio che non si lascia intimidire dal chiacchiericcio delle opinioni dominanti; verso la pazienza che sopporta e sostiene l’altro”.
Niente poté fermare l’entusiasmo per l’ingresso di Gesù; niente, dice Francesco, deve impedirci di “trovare in lui la fonte della nostra gioia, la vera gioia”; solo lui ci salva “dai lacci del peccato, della morte, della paura e della tristezza”.
Umiliazione. Di essere arrestato come un bandito: “Ogni giorno ero nel tempio con voi e non avete steso le mani contro di me; ma questa è la vostra ora, è l’impero delle tenebre”. L’umiliazione di essere “venduto per trenta denari e tradito con un bacio da un discepolo che aveva scelto e chiamato amico”, ricorda Francesco. L’umiliazione di essere abbandonato, rinnegato tre volte da Pietro: “Umiliato nell’animo con scherni, insulti e sputi, patisce nel corpo violenze atroci”. È condannato innocente.
Indifferenza. Gesù “prova sulla sua pelle anche l’indifferenza, perché nessuno vuole assumersi la responsabilità del suo destino”, con quell’andare da Pilato a Erode. E qui Francesco aggiunge un pensiero destinato a farci memoria dei tanti rifiutati di oggi: “penso a tanta gente, a tanti emarginati, a tanti profughi, a tanti rifugiati, a coloro dei quali molti non vogliono assumersi la responsabilità del loro destino”. È il dramma di tanti, donne uomini e bambini, bloccati dal filo spinato, costretti a vivere in condizioni impossibili dopo aver lasciato le loro case e la loro terra a causa di guerra, violenza, povertà.
Annientamento. “la solitudine, la diffamazione e il dolore non sono ancora il culmine della sua spogliazione. Per essere in tutto solidale con noi, sulla croce sperimenta anche il misterioso abbandono del padre”, ricorda Francesco. Ma è proprio qui, all’apice del suo annientamento che Gesù rivela il vero volto di Dio: Misericordia. Il vero volto di Dio è misericordia; così “perdona i suoi crocifissori, apre le porte del paradiso al buon ladrone, pentito; e tocca il cuore del centurione: “Veramente quest’uomo era giusto”. Commenta Francesco: “Se è abissale il mistero del male, infinita è la realtà dell’amore che lo ha attraversato, giungendo fino al sepolcro e agli inferi, assumendo tutto il nostro dolore per redimerlo, portando luce nelle tenebre, vita nella morte, amore nell’odio”.