CINEMA / “Truth” e il giornalismo investigativo

Nella pellicola si parla del passato di George W. Bush da giovane soldato

C’è un film che non ha ottenuto lo stesso successo di un’altra pellicola simile per il tema trattato, la modalità di narrazione e di regia, il cast di grandi attori. Stiamo parlando di “Truth”, da una parte, e di “Spotlight”, dall’altra, due opere che raccontano il giornalismo d’inchiesta in America, entrambe tratte da due storie vere. Solo che mentre “Spotlight” ha raggiunto un grandissimo successo, vincendo anche l’Oscar come miglior film, “Truth” non ha avuto la stessa fortuna. E tutto ciò nonostante, come si è scritto in precedenza, siano film veramente molto simili nella struttura, oltre che nel contenuto. Il fattore discriminate è, a nostro avviso, l’oggetto dell’inchiesta giornalistica che i due film raccontano: mentre in “Truth” è trattato il passato di George W. Bush da giovane soldato, in “Spotlight” si parla dello scandalo di pedofilia che investì la diocesi di Boston. Come si può ben intuire, il secondo argomento è emozionalmente più forte e devastante e, dunque, capace di cogliere l’attenzione del pubblico. È un peccato però perché “Truth”, la pellicola diretta da James Vanderbilt, è costruita, a nostro avviso, meglio di quella di “Spotlight”, quando descrivere il lavoro del giornalismo investigativo e quando ci ricorda le responsabilità che hanno i giornalisti che portano avanti certe inchieste.
La mattina del 9 settembre 2004 la produttrice della CBS News Mary Mapes (una sempre strepitosa Cate Blanchett) aveva tutte le ragioni per essere orgogliosa del suo servizio giornalistico. Ma alla fine di quella giornata, lei, la CBS News, e il famoso conduttore di 60 Minutes, Dan Rather (un invecchiato Robert Redford), furono messi a dura prova. La sera precedente la trasmissione aveva mandato in onda un reportage investigativo nel quale venivano rivelate delle prove secondo cui il presidente degli Stati Uniti George W. Bush aveva trascurato il suo dovere nel periodo in cui prestava servizio come pilota nella Guardia nazionale dell’Aeronautica del Texas, dal 1968 al 1974. Ma a pochi giorni dallo scandalo, i registri del servizio militare di Bush smisero di essere al centro dell’attenzione dei media e del pubblico, e da quel momento in poi, furono 60 Minutes, Mapes e Rather a passare sotto la lente di ingrandimento.
“Truth”, tratto da un libro scritto dalla stessa Mary Mapes, è un film tradizionale nella narrazione (come d’altronde lo era “Spotlight”), chiaro nella regia e classico nella forza del suo messaggio impegnato, con un cast affiatato in cui, naturalmente, spiccano i due protagonisti.
È una bella riflessione, come si è detto, sul lavoro del giornalista, sulle responsabilità morali che porta con sé (quando si accusa qualcuno bisogna che tutto sia perfettamente documentato e documentabile), oltre che sul valore della verità nella buona gestione di ogni democrazia e sulla necessità di svelarla sempre. E, inoltre, è una riflessione su come sta cambiando la cronaca e come, in particolare, stia scomparendo il giornalismo di inchiesta: troppo costoso, troppo pericoloso, troppo soggetto al fuoco incrociato dei poteri forti e del popolo di Internet. Un film che avrebbe certamente meritato, al pari del suo epigono “Spotlight”, un’attenzione e un successo maggiore.