Chi riacquista la vista, e chi non vede

Il Vangelo di Giovanni mette in primo piano la figura di Cristo luce del mondo

Un cieco che riacquista la vista e persone vedenti che in realtà non riescono a vedere. È un po’ qui, in estrema sintesi, il senso del Vangelo di Giovanni di questa domenica, un brano che mette in primo piano la figura di Cristo luce del mondo.

Curioso il fatto che l’episodio si apra con il cieco che comincia a vedere, riacquista la vista, la fede, e si chiuda con dei vedenti che continuano a rimanere ciechi nell’anima.

Trentanove anni fa all’udienza generale del 13 settembre 1978, la seconda del suo brevissimo pontificato, Giovanni Paolo I, recitò, tra la meraviglia dei presenti, una poesia di Trilussa, cercando di mantenere i termini del dialetto romano. La “vecchietta ceca”, senza la “i”, incontra il poeta che si era perso nel bosco e gli dice di seguirlo “fino là in fonno, dove c’è un cipresso, fino la in cima dove c’è ‘na croce … la ceca me pijo la mano e sospirò: cammina. Era la fede”. Poesia graziosa, ma teologia difettosa, commentava Papa Luciani: la fede, diceva, è un arrendersi a Dio ma trasformando la propria vita.
Ma torniamo al cieco del Vangelo; egli si affida al Signore che opera in lui un miracolo spalmando sugli occhi terra mescolata alla saliva; un racconto che dal Nuovo Testamento rimanda all’Antico, alla Genesi, la creazione di Adamo: è l’uomo nuovo che nasce toccato dalla mano di Dio. Il cieco dalla nascita, inoltre, “rappresenta ognuno di noi, che siamo stati creati per conoscere Dio, ma a causa del peccato siamo come ciechi, abbiamo bisogno di una luce nuova; tutti – dice Papa Francesco all’Angelus – abbiamo bisogno di una luce nuova: quella della fede, che Gesù ci ha donato”. Quello compiuto da Gesù non è un gesto di magia: si sente toccato dalle dita di Gesù che lo ha visto come una persona bisognosa di aiuto. Ha dunque fede, il cieco, nell’uomo che lo ha toccato e obbedisce quando gli dice di andare a lavarsi nella piscina detta di Siloe, cioè dell’inviato di Dio.
Nel suo brano, Giovanni si sofferma anche sul processo che viene costruito dopo il miracolo, ed evidenzia così l’incapacità di vedere da parte di persone che non sono impedite nella vista, come dire, fisica. Dapprima sono i vicini increduli che si interrogano su quanto accaduto. Poi sono i farisei, osservanti della Torah, che mettono in discussione l’operato di Gesù compiuto nel giorno di sabato, tempo in cui è vietato lavorare. Interrogano i genitori del cieco, al quale, alla fine, dicono che la persona che lo ha guarito è un peccatore: “se sia un peccatore, non lo so. Una cosa io so: ero cieco e ora ci vedo”, è la risposta dell’uomo. Riacquistando la vista egli “si apre al mistero di Cristo”, ricorda Francesco, e alla fine dice: “credo Signore”.
Il cieco nato e guarito, afferma il Papa, “ci rappresenta quando non ci accorgiamo che Gesù è la luce, è la luce del mondo, quando guardiamo altrove, quando preferiamo affidarci a piccole luci, quando brancoliamo nel buio”. Anche noi abbiamo ricevuto la luce – “siamo stati illuminati” dice Francesco – nel battesimo, e quindi “siamo chiamati a comportarci come figli della luce”. E questo significa un “cambiamento radicale di mentalità, una capacità di giudicare uomini e cose secondo un’altra scala di valori, che viene da Dio. Il sacramento del Battesimo, infatti, esige la scelta di vivere come figli della luce e camminare nella luce”.
Cosa significa camminare nella luce, si chiede Francesco. “Significa innanzitutto abbandonare le luci false: la luce fredda e fatua del pregiudizio contro gli altri, perché il pregiudizio distorce la realtà e ci carica di avversione contro coloro che giudichiamo senza misericordia e condanniamo senza appello”. Perché “quando si chiacchiera degli altri, non si cammina nella luce, ma nelle ombre”. E poi c’è la luce “falsa, seducente e ambigua” dell’interesse personale: “valutare uomini e cose in base al criterio del nostro utile, del piacere, del prestigio, non facciamo la verità nelle relazioni e nelle situazioni. Se andiamo su questa strada del cercare solo l’interesse personale, camminiamo nelle ombre”.