Cacciari: la Chiesa da san Francesco a papa Francesco

«Francesco non è mai eretico, anche in senso etimologico: non vuole mai fare parte a sé per fare della sua posizione qualcosa di separato dal resto. Nella predicazione francescana è implicita la possibilità dell’accordo, del compromesso. Il sentire di Francesco è sempre un sentire cum Ecclesia. C’è la consapevolezza che la Chiesa è anche militante, peccatrice».

Così il filosofo Massimo Cacciari, a margine della Lectio Magistralis «Francesco, il Santo povero» tenuta nel teatro Flavio Vespasiano di Rieti il 7 luglio 2014, ha abbozzato i tratti della figura del Poverello d’Assisi, andando poi ad indagare la figura dell’attuale pontefice: «Papa Bergoglio ha assunto quel nome per indicare l’esigenza di una grande riforma della Chiesa: il movimento francescano è l’esempio più alto di un movimento di riforma della Chiesa, della richiesta di una riforma radicale della Chiesa, ma senza uscire dalla Chiesa, senza disperare della Chiesa. Francesco non dispera che si possa riformare la Chiesa: ci spera eccome e manifesta continuamente la sua speranza, la sua fiducia nella capacità della Chiesa di Riformarsi».

«Ma attenzione – ha aggiunto Cacciari – papa Bergoglio non può essere compreso solo sulla base del nome che ha deciso di darsi. Papa Bergoglio combina quel nome con la sua tradizione gesuitica».