Non è un caso che il nuovo vescovo arrivi portato dal vento impetuoso dello Spirito Santo, oramai prossimo, vista la vicina solennità della Pentecoste. Un vento che, se accolto, tutto stravolge, tutto rinnova, tutto sana e benefica. Con mia moglie, da poco (e con grande sorpresa per noi!) presidente del Consultorio, siamo andati a salutare don Delio – il nostro vescovo – e a chiedere a lui, quale successore degli apostoli, una paterna benedizione per le sfide che ci aspettano.
È stato toccante incontrarlo, ringraziarlo per il lungo servizio che ha prestato alla chiesa di Rieti che, certo, si trova oggi a vivere non poche difficoltà. Poterlo salutare da vicino è stato per noi un privilegio, così come avere il suo appoggio innanzitutto con la preghiera, vera linfa vitale del cristiano.
Oggi l’atteso annunzio: il Papa ha deciso. Ha accolto la rinunzia, ha fatto la sua scelta. Lo Spirito opera potente in coloro che lo invocano, lo accolgono, lo fanno fruttificare nella propria vita.
Questo, ne sono più che certo, è accaduto per papa Francesco che – conscio delle difficoltà e delle problematiche che affliggono la nostra diocesi – ha atteso prudentemente e poi, con altrettanta fermezza, ha deciso.
Se si fosse in politica, si direbbe che la scelta è caduta su un “pezzo da novanta”: giovane, giornalista, culturalmente preparatissimo ed in prima linea nella CEI, mons. Pompili porterà con sé tutto questo.
Ma soprattutto, come ha già chiaramente fatto capire nel suo primo messaggio alla diocesi, porterà una visione nuova della nostra realtà. Ribaltando il luogo comune dell’ombelico quale centro del mondo autoreferenziale, con felice intuizione il nuovo vescovo ci ricorda come quella piccola cicatrice in realtà altro non è che la testimonianza “nella carne” che il Signore ci ha fatto per amare ed incontrare l’altro, che ci chiama ad accogliere, a comprendere, ad amare così com’è, in una sorta di paradigma della fede, ovvero del legame fra terra e Cielo.
“Vengo per alimentare le radici di questo legame”: queste parole semplici, chiare, schiette, sintetizzano le motivazioni profonde del mandato di don Domenico. “Vengo per tutti, indistintamente”: queste costituiscono il sigillo.
Ma in una terra, una città, una diocesi come la nostra in cui troppe volte la chiusura, il borghesismo, il campanilismo (termine mai come in questo caso adatto) hanno prevalso sull’appello del Gesù di Giovanni a vivere secondo “amore ed unità”, il vento rinnovatore ed impetuoso dello Spirito avrà bisogno di trovare un atteggiamento nuovo. Accoglienza, questo.
Gettar via l’uomo vecchio, fatto di pregiudizi, di diffidenze, di ostilità ed aprirsi al nuovo, a quel fuoco che duemila anni fa si posò su quegli apostoli di cui don Domenico è uno dei successori e li fece uscir fuori senza paura da quel cenacolo in cui, sino a poco prima, erano rintanati timorosi ed impauriti.
Cogliamo, per una volta, questa occasione che il Signore ci regala, perchè la Sua Vigna torni finalmente a fiorire rigogliosa e dar frutti di vita e di gioia. E che la Speranza, quella speranza che così fermamente animò Abramo sino a fargli credere di poter avere un figlio impossibile, rapisca i nostri cuori. Auguri, don Domenico: che Dio ti benedica!