Nella serata del 28 maggio, la Caritas di Rieti ha presentato alla città l’Emporio, un tentativo da parte dell’ufficio diocesano di mettersi al fianco dei più deboli attraverso nuove strategie.
L’inaugurazione del nuovo servizio è avvenuta subito dopo la presentazione dell’Osservatorio delle povertà e delle risorse curato dalla Caritas di Rieti. L’iniziativa si è svolta nella sala dell’Auditorium Varrone (clicca qui per la galleria fotografica) ed ha messo in evidenza l’andamento dei dati degli anni 2012 e 2013.
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A curare l’esposizione i curatori Massimo Spadoni e Mario Londei. Sono intervenuti il vescovo Delio Lucarelli, la prefetto Chiara Marolla, la presidente dell’Asm Enza Bufacchi e altre autorità. L’Osservatorio si prefigge di ottenere il maggior numero possibile di informazioni relative alle persone in difficoltà che transitano negli uffici della struttura caritativa diocesana, con raccolta di dati ed elaborazione statistica in grafici e tabelle, così da poter conoscere meglio il fenomeno della povertà locali e calibrare in modo più adeguato gli interventi di aiuto.
Al termine della presentazione una piccola folla si è diretta al vicino Emporio e, all’interno dei locali (clicca qui per la galleria fotografica), ha potuto farsi una idea del meccanismo messo in moto dall’ufficio diocesano. A margine della presentazione abbiamo rivolto alcune domande al direttore Caritas Don Benedetto Falcetti.
Don Benedetto, cos’è l’Emporio Caritas?
È il tentativo di dare una forma di aiuto più dignitosa alle persone. Stiamo cercando di eliminare quel “dare il pacco” già confezionato. L’emporio si trova in via Terenzo Varrone 148 e ha questa filosofia: una volta ascoltate le loro richieste, le persone ottengono una tessera magnetica con un punteggio precaricato. Con quel “valore”, gli utenti possono andare in questa sorta di piccolo supermercato, prendere le cose che gli occorrono e “pagare” tramite la scheda magnetica, dalla quale vengono scalati i punti. Non circola denaro, e quando la scheda ha esaurito il credito è necessario un nuovo colloquio con il Centro di ascolto. I volontari sono un gruppo di valutazione abbastanza attento, e speriamo anche di grande saggezza. Grazie all’emporio c’è la possibilità di verificare che tipo di prodotti prendono gli assistiti, in modo da poter entrare nella loro psicologia aiutandoli, se è il caso, ad ottimizzare il proprio stile di vita e la loro organizzazione familiare. Non a caso è un’esperienza che vogliamo aprire proprio per nell’anno diocesano della famiglia.
È possibile, anche per le parrocchie più piccole, quelle della periferia della diocesi, fare delle raccolte di alimenti non deperibili come la pasta o le “scatolette”, per rifornire direttamente l’emporio?
Questo è addirittura auspicabile. Questo genere di raccolte sono di grande aiuto. Perché il materiale che l’emporio mette a disposizione in qualche modo bisogna recuperarlo. A questo proposito debbo ringraziare diverse industrie del territorio che ci offrono questo materiale. Diversamente occorre comprarlo. Ovviamente noi offriamo quello che abbiamo. L’emporio deve avere le cose di prima necessità. Non andiamo sul sofisticato: solo i prodotti che servono per una vita ordinaria, ad una famiglia normale per vivere in modo dignitoso.
A proposito di contributi, al di là dello sforzo della Chiesa, tramite l’otto per mille, c’è anche il contributo economico dei cittadini?
Sì, devo dire che la Caritas raccoglie tanta fiducia da parte delle persone. Questo rafforza il nostro impegno ad impiegare bene quello che le persone danno, a distribuire nel miglior modo possibile le risorse a fronte delle tante richieste. Io credo profondamente nella Provvidenza. Ed in effetti non siamo mai stati sprovvisti di cibo o indumenti. Abbiamo sempre avuto qualcosa da poter dare agli altri. In questo un grande merito va ascritto ai volontari, che fanno un’opera oculata anche di recupero, di sistemazione, di saper condividere tra tutti.
L’approccio “scientifico” dell’Osservatorio, negli ultimi anni, ha migliorato l’attività della Caritas? Serve anche da autocritica?
Sì, indubbiamente la prima riflessione la facciamo noi della Caritas. L’Osservatorio ci permette di valutare il lavoro, e guadagnare in saggezza e oculatezza. Ci rassicura quando ad alcune persone dobbiamo dire: «questo non è il luogo dove puoi venire perché stai “rubando” a chi non ce l’ha». Ci sono situazioni di persone che vorrebbero sempre di più. Alcuni non avrebbero bisogno, ma dove si può prendere gratuitamente c’è sempre qualcuno disposto a farsi avanti. L’accompagnamento della Caritas è anche quello di dire a tante persone: «a te questo non spetta». Non è che non vogliamo dare, ma in linea di principio chi prende 1.500 euro di pensione non può venire alla Caritas, anche se dietro ha una famiglia, o delle situazioni problematiche, perché c’è chi ha 500 euro, 250 euro. Prima dobbiamo pensare a queste persone, poi se ci fosse… posso però aggiungere che lì per lì, le persone che si sono trovate difronte ad un altolà hanno protestato, ma poi, parlando, si sono rese conto che in fondo la loro situazione è meno drammatica di tante altre. Il lavoro della Caritas consiste anche in questo ritrovare la misura, in questo far prendere coscienza alle persone della loro vita, di quello che hanno e dei problemi degli altri.
Foto di Massimo Renzi