Alcuni errori di Ratzinger

Padre Joseph Ratzinger è Vescovo emerito di Roma, ha preso l’elicottero per Castel Gandolfo ed il toto-Papa è entrato nel vivo. Oggi è prevista la prima congregazione generale dei cardinali per l’elezione del successore.

In queste settimane i giornalisti delle testate laiche e cattoliche hanno dato quanto potevano per interpretare il gesto dell’abdicazione al soglio pontificio di Benedetto XVI, da quelle più politiche a quelle più stravaganti, da quelle formali e dette a quelle non dette.

Una che fa francamente pensare all’ingenuità di chi ha una visione spiritualistico-idealizzante della Chiesa e del papato è quella di Antonio Socci, che ha chiesto ai cardinali di dare unanimemente le dimissioni per lasciare al Pontefice uscente la libertà di azzerare tutto e nominarne altri.

Il problema della Chiesa non sono i cardinali o comunque non solo loro. La Curia romana, come tutte le realtà anche civili e come tutte le Curie, è formata da una base di dipendenti, per lo più laici che hanno un contratto di lavoro e che costituiscono la parte inferiore della “torta”; da uno strato di vertice, che è costituito dai capi dei dicasteri, e che possono essere cambiati spesso e di fatto vengono cambiati almeno nella maggior parte dei casi; da uno strato intermedio, fatto di monsignori e funzionari ecclesiastici di carriera, che cominciano col fare le fotocopie e a volte, dopo anni di “gavetta”, raggiungono posizioni di vertice, senza aver fatto mai una processione o aver mai gestito in tutti i sensi una parrocchia: cambia Papa, cambiano i cardinali ma loro sono sempre là.

Il prossimo Papa dovrà liberarsi di costoro, che sono probabilmente la parte marcia che riesce a determinare scelte importanti e a frenare quelle che potrebbero danneggiarla. Se il prossimo Vicario di Cristo non si renderà conto di chi siano veramente quelli che fanno il bello e il cattivo tempo, non riuscirà a fare granché neanche lui e neppure se sarà giovane.

Le nomine, anche nelle nostre Curie, vanno fatte a tempo determinato e i responsabili degli uffici devono cambiare spesso, sia per renderli innocui, sia per renderli più produttivi nel tempo che hanno a disposizione.

Il livello di gradimento della Chiesa, soprattutto presso i nostri giovani, è vicino allo zero, e finché i nostri sacerdoti non ne prenderanno piena consapevolezza, come pure i vertici della Curia romana, non si potrà fare altro che guardare impotenti l’emorragia di anime dalla Chiesa.

Coloro che continuano a nascondersi dietro il trito e ritrito concetto che la Chiesa la guida lo Spirito Santo dicono teologicamente il vero, ma con il vero giustificano la loro inettitudine e il loro disimpegno, e più ancora la loro incapacità di interpretare realisticamente il nostro tempo.

Papa Ratzinger ha anche qualche neo, nel suo pontificato; lo dico con grande stima, devozione e rispetto per la persona e le funzioni, stima che non diminuirà quando sarà emerito, genuflesso di fronte al Sacro Anello.

L’eccessiva pompa delle cerimonie pontificie, instaurata dal Maestro nominato da Benedetto XVI, dopo il lungo servizio di Mons. Piero Marini che aveva semplificato molto e reso in modo “moderno” la nobilis pulchritudo della liturgia, ha reso ancor più stridente lo scarto tra una Chiesa sofferente per le sue stesse colpe ed incapacità e quanto appare dalla liturgia, tanto da renderla per certi versi persino ridicola. Vestire il Papa con mitrie ottocentesche, piviali medicei, pianete e fanoni desueti, ferule imperiali, e l’adozione di formulari che hanno annullato gli sforzi compiuti per rendere la liturgia più vicina al popolo e secondo lo spirito del Concilio, ha suscitato moti di rifiuto e di aperta contestazione, che ci è difficile arginare persino nelle aule scolastiche.

Non sono da meno nomine discutibili e discusse, come quella del nuovo presidente dello IOR, che sarebbe un manager di banche che finanziano anche armamenti e natanti militari.

La distinzione tra magistero autentico e capacità di governo, nel guidare la barca di Pietro, non potrà essere più sostenuta nel futuro immediato.

La Chiesa, non meno di altre realtà sociali e politiche, non potrà sottrarsi al vaglio critico sia del mondo che le è apertamente ostile, sia al controllo di noi popolo di Dio, che rivendichiamo ormai il diritto di impicciarci di questioni pastorali e canoniche, liturgiche e amministrative.

Il mondo sta cambiando, con esso la Chiesa: le fughe all’indietro sono anacronistiche e abitare il futuro con la consapevolezza di essere contemporanei del nulla e del relativo non sarà una scelta ma una crudele e forse stimolante condizione di chi ancora conserva la fede e si sforza di combattere la buona battaglia.