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Don Zdenek ogni anno accoglie nella parrocchia di Vazia il gruppo di ragazzi capeggiati dal suo amico don Pavel: una storia di amicizia e condivisione da trasmettere ai più giovani

Terminavano gli anni Settanta quando due giovani della Repubblica Ceca incrociavano i loro destini. Il fratello di uno sposava della sorella dell’altro, e nel nome di una parentela acquisita e di un’intenzione comune i due ragazzi nel 1989 raggiungevano Roma per la canonizzazione di sant’Agnese di Boemia, con l’intenzione di rimanere in Italia ed entrare in seminario.
Ma come spesso accade, la vita scompiglia i programmi e rimescola le sue carte. Pavel viene rimandato in patria dove vige ancora il regime, mentre Zdenek approda al seminario di Rieti, indirizzato dall’allora vescovo monsignor Giuseppe Molinari.
Tuttavia, seppur percorrendo strade diverse, i due amici tagliano lo stesso traguardo e ai ritrovano insieme, per aiutarsi vicendevolmente con l’affetto di sempre.
Don Pavel Habrove oggi è parroco nella diocesi di Brno, nella regione degli Altopiani della Moravia, nella Repubblica Ceca, mentre don Zdenek Kopriva è alla guida parrocchiale della frazione reatina di Vazia. Nelle grandi stanze della chiesa di Santa Maria delle Grazie, Zdenek ogni anno accoglie il gruppo di giovani provenienti dalla regione Zdar nad Sazavou, guidati dal suo amico Pavel e dalla sua storica collaboratrice Anna Janu.
Anna aveva vent’anni la prima volta che venne a Rieti, stava iniziando gli studi di psicologia ed era una delle ragazze del “gruppo”. Un tempo che sembra lontanissimo, in cui si avvicinava alla lingua italiana con molto scetticismo: «Che la imparo a fare, non serve, conosco l’inglese e altre lingue», diceva.
Don Zdenek era di un altro parere, ci teneva e pensava fosse importante. In questi giorni in cui come ogni anno è tornata a Vazia – ma in veste di educatrice – Anna ricorda col sorriso quei giorni del 2004, e stringeun cuscino arancione lasciato ai tempi come ricordo della sua permanenza a Rieti.
«Iniziavamo al mattino, ripetendo il nome italiano della tazza, della caffettiera, del cucchiaino. Erano anche i giorni in cui capimmo cos’era la colazione all’italiana, ci teniamo a farla quando siamo qui». La “colazione all’italiana” in questi giorni il gruppo la sta facendo al baretto della piccola frazione ai piedi del Terminillo, dove ormai è consuetudine essere accolti con un calore tutto italiano. «Dopo tanti anni ormai ci conoscono – spiega don Pavel – e noi ci teniamo ad onorare la tradizione del cappuccino col cornetto, mentre in patria siamo abituati con uova sode e prosciutto».
Quest’anno nella parrocchia di Vazia allooggiano circa quindici persone, quasi tutti ragazzi dai 15 ai 27 anni. «Non ho problemi ad ospitarli – dice don Zdenek – si adattano con i loro sacchi a pelo, oppure con le tende in giardino, si sta come in famiglia».
Anna con il suo ormai fluente italiano spiega la finalità di questi viaggi formativi: «Ogni volta scegliamo un tema su cui discutere, quest’anno si parla di responsabilità nei rapporti. Che siano con i genitori, con fratello e sorella, con i colleghi e soprattutto con sé stessi. Discutiamo insieme un’ora al giorno, prepariamo una domanda che chiarisca bene il tema, ognuno fornisce poi una sua risposta. E si discute insieme». Visitando luoghi, pregando, soprattutto camminando, e poi celebrando la Messa su un sasso di fortuna in montagna, oppure poggiandosi sulle valigie durante il tragitto.
«Quando viaggiamo facciamo tante esperienze significative, con un sottofondo spirituale che rimarrà sempre nella nostra vita. È importante creare occasioni che ci distolgano dal nostro habitat abituale, fare anche camminate in montagna molto faticose, per conoscere e sperimentare come si reagisce davanti alle difficoltà che ti si presentano davanti. È importante imparare ad affrontare tutto, a condividere talvolta il poco che si ha, che poi è molto».
La consueta gita italiana del gruppo proveniente dalla Repubblica Ceca quest’anno doveva toccare Milano, poi i progetti sono andati diversamente: «Prepariamo un itinerario di massima, la Provvidenza fa il resto. A volte pensi di dormire una sola notte in un luogo, poi invece capita che stringi un’amicizia particolare e ti fermi di più».
È andata così anche quest’anno, con l’incontro del tutto casuale avvenuto tramite conoscenze comuni con don Samuele: «Che ci andate a fare a Milano, restate un po’ qui a Ponteterra. Di cosa avete bisogno?». «Abbiamo risposto che ci serviva una doccia, e un posto dove mettere le nostre tende, o i sacchi a pelo». Don Samuele allestisce dunque il campo sportivo per le tende, il vicino teatrino per i sacchi a pelo, poi chiede comecome regolarsi per il cibo: «Facciamo la pasta?»
E di pasta se ne fa tanta, col pesto, col pomodoro, con altri condimenti: «La sua personalità ci ha talmente colpiti che non siamo più andati a Milano. Capita anche che non sai dove dormire, lì ti metti alla prova e rifletti sul.tuo modo di adattarti». Qui a Rieti, ormai è tutto ben conosciuto: i santuari francescani, la natura, il centro storico, le strade, i paesi. Con un affetto particolare di don Pavel verso Poggio Bustone, «perché la mia spiritualità è molto collegata a san Francesco, in particolare all’episodio del Perdono che ricevette proprio qui».
Ma c’è sempre qualcosa di nuovo ancora da esplorare: «Lunedì sera abbiamo fatto il bagno al lago di Paterno, per rinfrescarci dal gran caldo. Stamattina abbiamo visitato il Monastero di Santa Filippa Mareri, suor Kristina ci ha fatto da guida al museo, poi la parrocchia di Vazia ci ha preparato un gran pranzo a base di riso che abbiamo consumato sul sagrato della chiesa di Borgo San Pietro. E poi siamo stati a prendere il sole sulle rive del lago del Salto, bellissimo». E stasera pizza per tutti da una famiglia di Casette, dove don Zdenek ha fatto il parroco un po’ di anni fa: «Ho esteso le mie conoscenze a loro, spesso si sentono anche durante l’anno, si mandano dei messaggi, stringono amicizie, è importante».
Con il fresco della sera, Messa serale a Lisciano, per il ciclo di celebrazioni nelle piazze delle frazioni della parrocchia che il sacerdote ha ideato per creare aggregazione e comunità. Katia ha 17 anni e fa la scuola infermieristica; è in Italia per la prima volta, stupita da tanto verde, dai monumenti storici. Ma anche dalla bontà dei cornetti del bar e dall’esuberante “caciara” estiva dei ragazzi italiani. Pavel invece ha 27 anni, e si dice ammirato da montagne così belle e acque trasparenti.
 «Torniamo a casa sempre arricchiti, il rapporto con la gente è la cosa più importante, ma è fondamentale che questi giovani comprendano a fondo soprattutto il proprio essere», spiega Anna. «Ricorderò sempre la storia di un ragazzo che al ritorno da un viaggiosi accorse che il suo comportamento era stato passivo, che non aveva dato una mano in nulla, che era stato quasi un peso. Fece un percorso interiore, una sorta di evoluzione personale che l’ha portato a crescere e responsabilizzarsi, e dopo quell’esperienza oggi è sempre in prima linea per aiutare».