A Rieti come a Firenze

È partita l’avventura toscana dei delegati della diocesi di Rieti al Convengo ecclesiale di Firenze su “In Gesù Cristo il nuovo Umanesimo”.

Prende oggi il via il V Convegno ecclesiale nazionale sul tema “In Gesù Cristo il nuovo Umanesimo”. Dal 9 al 13 novembre anche i delegati reatini si recheranno a Firenze per partecipare al dialogo insieme agli altri 2.500 inviati dalle diocesi e dalle aggregazioni laicali italiane.

A rappresentare la nostra realtà, insieme al sacerdote responsabile don Fabrizio Borrello e al vescovo Domenico Pompili, si muoveranno Isabella Incitti (della Comunità Papa Giovanni XXIII), Laura Marignetti (attiva nel carcere con i volontari della “Sesta opera S. Fedele”), il frate francescano Marco Sebastiani (che ha avuto modo di impegnarsi con i minori) e Stefania Balloni (responsabile della mensa Santa Chiara). Tutte figure impegnate in attività legate al disagio e alla testimonianza della carità, secondo l’indicazione della Cei.

A loro il compito di riportare nella diocesi l’eco di un impegno grande, complesso, difficile. Nello spazio di incontro e di confronto di Firenze, infatti, la Chiesa italiana intende affrontare l’orizzonte culturale e sociale che caratterizza il nostro tempo, nel quale va scomparendo il valore della persona umana come valore universale. Il problema è appunto quello di costruire in una mentalità di uomini isolati, strumentali ai più vari interessi, un “nuovo Umanesismo”, capace di rispondere nel pensiero e nelle opere alla crisi antropologica, culturale, sociale, economica e politica del nostro Paese.

Una sfida che può essere vinta lavorando su quanto già oggi nelle diocesi, nelle associazioni e nei movimenti contrasta con il pessimismo e la rassegnazione, grazie a intuizioni e gesti concreti capaci affrontare i problemi nella gratuità e nella coralità.

In questo senso “Umanesimo” vuol dire consapevolezza del limite delle proprie forze, ma anche del “di più” che viene dalla fede e dalla condivisione, capacità di rispondere alla rassegnazione gettando semi di speranza con progetti reali, ricerca di una “convivialità delle differenze”, di una fraternità capace di evitare unilateralità, estremizzazioni, contrapposizioni inutili.

Ma insieme vuol dire riconoscere che la misura dell’umano sta soprattutto nell’interiorità, nella trascendenza, «nel rapporto intimo con Dio e la spiritualità, attraverso la riflessione, la preghiera, l’affidamento a Lui».

La Traccia del convegno suggerisce cinque vie sintetizzate da altrettanti verbi, perché l’Umanesimo non sia un modello astratto ma un’opera da compiere, nella concretezza della vita quotidiana: Uscire (senza uscire non si incontra, né si vede la realtà), Annunciare la gioia del Vangelo (con la testimonianza più con la predicazione), Abitare (stare immersi nel territorio attraverso una presenza solidale, gomito a gomito con tutte le persone, specie le più fragili), Educare (perché la cultura odierna vuole affrancarsi da ogni tradizione e scardinare ogni limite) e Trasfigurare (il cristiano è sempre chiamato a trasfigurare la realtà che lo circonda, cominciando da se stesso: il divino traspare nell’umano e questo si trasfigura in quello).

Tutte cose che dopo Firenze dovranno diventare argomento di riflessione ed azione a Rieti. Il territorio della nostra diocesi non è infatti privo di problemi: la speranza è che il Convegno ecclesiale ci aiuti «in concreto ad allontanare i toni della denuncia e della nostalgia e ritrovare i ritmi del coinvolgimento e della proposta».