84. “Caritas in Veritate”. «Volere il bene comune e adoperarsi per esso è esigenza di giustizia e di carità»

«Volere il bene comune e adoperarsi per esso è esigenza di giustizia e di carità. Accanto al bene individuale, c’è un bene legato al vivere sociale delle persone: il bene comune. Non è un bene ricercato per se stesso, ma per le persone che fanno parte della comunità sociale e che solo in essa possono realmente e più efficacemente conseguire il loro bene». Il bene comune, operando nel tempo, prepara l’eterno.

Occorre tenere in grande considerazione il bene comune. Quest’affermazione da sempre trova spazio e voce all’interno del Magistero ecclesiale ma è, più o meno esplicitamente, richiamata e rintracciabile con incredibile frequenza e costanza nell’intera storia della Chiesa.

Papa Benedetto XVI torna quindi a ripetere con forza nell’Enciclica “Caritas in Veritate” che non c’è bene senza bene comune. Al n. 7 del documento Egli afferma: «Accanto al bene individuale, c’è un bene legato al vivere sociale delle persone: il bene comune. È il bene di quel “noi-tutti”, formato da individui, famiglie e gruppi intermedi che si uniscono in comunità sociale».

Se la giustizia e la carità, di cui abbiamo già trattato, sono davvero le scelte personali e comunitarie che un gruppo, un popolo, una nazione, intendono seguire, allora, secondo il Papa, è del tutto esigibile la pratica e la promozione del bene comune.

Il termine polis oggi è inflazionato per le innumerevoli volte che ad esso ci si richiama per spiegare e giustificare opzioni sociali e politiche, rischiando di far passare la realtà che indica come qualcosa di lontano nel tempo e difficilmente realizzabile.

Il Papa invece è semplice e chiaro quando ritorna su questo concetto: impegnarsi per il bene comune è prendersi cura e avvalersi di quelle istituzioni che «(…) strutturano giuridicamente, civilmente, politicamente, culturalmente il vivere sociale, che in tal modo prende forma di pólis, di città».

Amare il prossimo è tanto più efficace quanto più ci si adopera per un bene che corrisponde alle sue esigenze. È chiaro che stiamo parlando, utilizzando un piano declinatorio squisitamente legato al concetto di bene comune, della carità nella sua forma forse più alta, quella strettamente correlata alla costruzione della polis. Il Pontefice afferma a questo proposito che tale forma di carità istituzionale e politica non è meno qualificata di quella che permette l’incontro diretto con l’altro. Papa Benedetto XVI si spinge oltre: «Quando la carità lo anima, l’impegno per il bene comune ha una valenza superiore a quella dell’impegno soltanto secolare e politico. Come ogni impegno per la giustizia, esso s’inscrive in quella testimonianza della carità divina che, operando nel tempo, prepara l’eterno».

Sullo sfondo in realtà si deve intravedere quella famosa e irrinunciabile Città di Dio, di agostiniana memoria, verso cui l’umanità tende, un traguardo ancora più facile da immaginare e costruire se ci si confronta con le dinamiche proprie della globalizzazione, fenomeno che rende i popoli molto vicino a sentirsi famiglia, oggi più di ieri.