22. Laborem Exercens: Il lavoro nell’insegnamento della Chiesa / 2

Il lavoro è una priorità che provoca il senso stesso della Pace sociale a cui tutta l’umanità tende

Il tema del lavoro, della disoccupazione e della pace sociale, emergono chiaramente dalla riflessione che sviluppa il venerabile papa Giovanni Palo II nell’Enciclica che stiamo trattando. La preoccupazione per la realizzazione della pace trova un convincente tema di approfondimento nel lavoro. Infatti nell’Enciclica si ribadisce che il rispetto del vasto insieme dei diritti connaturali dell’uomo riconosciuti e promossi da istituzioni nazionali e internazionali, è la premessa per la pace. Il diritto al lavoro è uno di questi. Il papa, in alcuni passi significativi a cui ci riferiamo, sembrerebbe dire: se vuoi la Pace rispetta i diritti dell’uomo, rispetta il diritto al lavoro e tutti gli altri diritti che all’attività lavorativa sono connessi. Lavoro uguale Pace, un’equazione pericolosa e evitata da coloro che fanno della mancanza o della precarietà del lavoro il terreno di caccia per sviluppare loschi traffici, per tenere sotto ricatto interi paesi, intere regioni e generazioni. Pace significa giustizia, significa responsabilità verso le generazioni future. Il senso del lavoro quindi non è solo legato ad una sfera intima e personale che, per quanto importante, rimanda alla realizzazione di sé stessi, al contributo che ciascuno può dare alla diffusione del regno di Dio, come già specificato precedentemente su queste pagine. Rimanda anche all’impegno sociale e civile per la costruzione di una società giusta e in cui la speranza e il futuro del mondo trova spazio e forza, dove lo snodo fondamentale riguarda proprio il lavoro, ad esso è collegata la serenità dell’intera famiglia umana. Questa la misura che rende conto di quanto ci si gioca nelle politiche legate all’occupazione. «Quando si tratta di stabilire una politica del lavoro corretta dal punto di vista etico, bisogna tenere davanti agli occhi (…) gli oggettivi diritti dell’uomo del lavoro». Ed è lo Stato che deve condurre una giusta politica del lavoro e combattere la disoccupazione e «agire contro la disoccupazione, la quale è in ogni caso un male e, quando assume certe dimensioni, può diventare una vera calamità sociale. Essa diventa un problema particolarmente doloroso, quando vengono colpiti soprattutto i giovani, i quali, dopo essersi preparati mediante un’appropriata formazione culturale, tecnica e professionale, non riescono a trovare un posto di lavoro e vedono penosamente frustrate la loro sincera volontà di lavorare e la loro disponibilità ad assumersi la propria responsabilità per lo sviluppo economico e sociale della comunità». Una pianificazione globale, una giusta e razionale coordinazione «nel quadro della quale deve essere garantita l’iniziativa delle singole persone, dei gruppi liberi, dei centri e complessi di lavoro locali, (…) nella dimensione della collaborazione internazionale mediante i necessari trattati e accordi», sono alcune delle indicazioni che l’Enciclica propone per affrontare il problema. È in questa direzione che occorre andare per cercare di risolvere le tante e delicate questioni del lavoro: la giusta remunerazione di evangelica memoria, l’importanza dei sindacati come espressione della tendenza alla giustizia sociale, il sussidio di disoccupazione come attenzione alla dignità della vita umana, lo sviluppo e l’applicazione della sicurezza dei lavoratori, la valorizzazione della persona diversamente abile, il rispetto per tutte le forme di lavoro, il rapporto con l’emigrazione, tutti temi toccati dall’Enciclica, collegati alle politiche del lavoro, che chiamano in causa enormi responsabilità politiche. Quella politica che troppo spesso sembra dimenticare «il fondamentale principio: la gerarchia dei valori, il senso profondo del lavoro stesso esigono che sia il capitale in funzione del lavoro, e non il lavoro in funzione del capitale».