Vescovi francesi in Iraq a fianco dei cristiani perseguitati o in fuga

Il cardinale Philippe Barbarin: “In questi giorni abbiamo più volte sentito il patriarca dei caldei, Louis Sako, esortare i cristiani a restare. Lo abbiamo sentito dire: ‘Noi abbiamo bisogno di voi’. La presenza dei cristiani in questo Paese è un fattore di pace in un conflitto che esiste tra sciiti, sunniti e curdi”. Apprezzamento per la decisione di François Hollande di dare asilo ai cristiani caldei, ma…

“Abbiamo incontrato una popolazione che ha sofferto in maniera terribile e abbiamo potuto vedere negli occhi delle persone ciò che hanno vissuto. Ma mai, mai, in alcun momento, abbiamo sentito parole di odio o desiderio di vendetta”. Sono un fiume in piena le parole di monsignor Michel Dubost, vescovo di Evry e presidente del Consiglio per le relazioni interreligiose della Conferenza episcopale francese. Da pochissime ore è atterrato sul suolo francese dopo aver vissuto cinque giorni in Iraq. È in auto e sta raggiungendo Evry mentre racconta il viaggio appena vissuto. Un viaggio intenso, ricco di emozioni, ma anche solcato ogni giorno dal dolore condiviso con una popolazione che a causa della fede cristiana ha perso tutto.

A fianco degli sfollati.

Nonostante il rischio per l’aggravarsi, di giorno in giorno, della situazione in Iraq, una delegazione di vescovi francesi ha deciso di partire. L’iniziativa era stata presa dal cardinale Philippe Barbarin, arcivescovo di Lione. Aveva chiamato il patriarca dei caldei, Louis I Sako, per chiedergli se era contento che una delegazione di vescovi partisse dalla Francia per portare ai cristiani iracheni perseguitati la solidarietà dei cristiani francesi. E il patriarca aveva risposto immediatamente: “Sarebbe per noi un dono inestimabile”. Al cardinale Barbarin si sono poi aggregati monsignor Pascal Gollnisch, direttore dell’Oeuvre d’Orient, e monsignor Dubost. E lunedì scorso il gruppo è arrivato a Erbil dove ha incontrato alcuni degli sfollati di Mosul. Martedì è stata poi la giornata della visita a Karemlesh e Qaraqosh, a pochi chilometri da Mosul. E poi la visita ad Alqosh, Malabrwan e Kirkuk. “Era importante – dice il cardinale Philippe Barbarin – che i cristiani iracheni sapessero che si sta pregando per loro. Non avevamo la presunzione di fare cose straordinarie ma molto semplicemente avevamo il desiderio di pregare insieme a loro, di manifestare la nostra amicizia e portare aiuti materiali”.

Francia chiama Iraq.

Anche se questa visita riveste un carattere particolare a causa dell’attualità, non è un atto isolato: s’iscrive nella continuità della preoccupazione che i vescovi francesi hanno per i loro fratelli di Oriente. C’è un legame stretto tra la Francia e il Medio Oriente e numerosa è la comunità caldea che vive emigrata sul suolo francese. Sarà forse stato questo legame a spingere nei giorni scorsi il governo francese a intraprendere un’iniziativa straordinaria a favore dei cristiani iracheni perseguitati concedendo loro asilo sul territorio francese. Giovedì scorso invece il presidente della Repubblica François Hollande ha telefonato al nuovo presidente dell’Iraq, Fouad Massoun, per felicitarsi della sua elezione e assicurare il sostegno della Francia per la stabilità del Paese. Ha anche espresso parole di “viva preoccupazione” e di “grande inquietudine” per le persecuzioni di cui sono vittime i cristiani a opera di “gruppi terroristi”. I cristiani – ha detto Hollande – sono una “componente essenziale della Repubblica d’Iraq”.

Il destino del Mediterraneo.

Tornati a casa, i tre vescovi francesi apprezzano l’iniziativa del governo francese come un gesto di “buona volontà” ma manifestano la loro forte perplessità (condivisa con il patriarca Sako) rispetto all’emigrazione dei cristiani dall’Iraq. “Quando si ha paura – spiega Barbarin – si scappa, si cerca di mettere al sicuro la vita. È meglio vivere che morire, certo. Ma in questi giorni abbiamo più volte sentito il patriarca Sako esortare i cristiani a restare. Lo abbiamo sentito dire: ‘Noi abbiamo bisogno di voi’. La presenza dei cristiani in questo Paese è un fattore di pace in un conflitto che esiste tra sciiti, sunniti e curdi”. Esprime lo stesso parere monsignor Pascal Gollnisch, che chiede: “Quale avvenire potranno avere i 450mila caldei in Francia?”. Ed aggiunge: “Non si può risolvere il problema favorendo questo esodo. Significherebbe che noi stessi agiamo come agisce il Califfato islamico e cioè svuotando l’Iraq dei suoi cristiani”. È in gioco il delicato equilibrio di civiltà presente su quel territorio. Una questione che tocca da molto vicino l’Europa stessa. “Come pensare – domanda il vescovo – che ci possa essere una graduale e continua distribuzione dell’Islam in Europa e, allo stesso tempo, un’epurazione costante dei cristiani nel Sud del Mediterraneo? E come credere che tutto ciò possa avvenire tranquillamente e pacificamente? Credo che dovremmo riflettere su questo”.