Terremoto, nella Caritas lo snodo della solidarietà

Non si ferma l’impegno della Chiesa di Rieti sul territorio di Accumoli e Amatrice, ma si adatta al continuo variare della situazione, con lo sguardo già rivolto alla ricostruzione. Un’azione di aiuto concreto sostenuta da tantissime donazioni. Ad oggi sono confluiti sul conto corrente attivato da Caritas quasi 380mila euro. Risorse che vengono progressivamente trasformate in risposte puntuali ai bisogni della popolazione

La Chiesa di Rieti è stata vicina sin dal primo momento alle popolazioni colpite dal sisma. Con l’azione immediata dei parroci del luogo; con la presenza costante di mons. Pompili tra le tende e le macerie; con l’intervento della Caritas. «Un impegno che a poche ore dalla prima scossa già vedeva i volontari alternarsi in piazza Oberdan per ricevere gli aiuti che la gente ha voluto dare», ci spiega mons. Benedetto Falcetti. Il direttore della Caritas diocesana ritrova in quel lavoro d’emergenza la prima forma del Gruppo di intervento voluto subito dopo dal vescovo. Un sevizio alla popolazione che la Chiesa di Rieti ha organizzato in due squadre: una sui luoghi del disastro, per fare la ricognizione dei bisogni; l’altro a Rieti per far fronte alle richieste.

Una presenza itinerante e una stabile

«La nostra presenza sul territorio ha preso la forma di un “Centro di ascolto diffuso”. I volontari hanno girato i territori colpiti di frazione in frazione per conoscere, prendere nota, soddisfare le richieste in modo diretto, personale», prosegue don Benedetto. «Il tutto mentre prendeva vita un presidio stabile della Caritas nel giardino Don Minozzi, dove si è formata la tendopoli spontanea e dove tutte le persone di Amatrice passano per un incontro, per un momento di aggregazione. Non è stato possibile avere una tenda in ognuno dei campi allestiti per gli sfollati. Ma l’unico presidio in una zona così strategica rispetto alla situazione ci ha permesso comunque di ascoltare, ricevere e soddisfare le varie richieste».

Richieste di normalità

E spesso arrivano bisogni inaspettati, che prendono in contropiede. Come quello di una signora che ha chiesto e ottenuto un po’ di lievito per fare il pane. «Un’istanza che commuove, perché racconta una voglia di normalità, di tornare al quotidiano per certi versi inesaudibile. Anche se aiuta poter ritrovare le cose più semplici: come il sapone per i piatti».
Lo stile della Caritas è quello di essere il più possibile vicino alle persone. E nel caso del terremoto il risultato va portato a casa senza intralciare il lavoro della Protezione civile. «Abbiamo insistito soprattutto su un’azione di completamento, perché spesso ci sono piccoli problemi, grandi per chi li vive, che le grandi strutture non riescono a risolvere. E invece anche le necessità piccole e singole vanno ascoltate».

Tra domanda e offerta

In effetti il punto pare proprio quello di riuscire a mettere in contatto i bisogni con le risorse. «Appena dopo il terremoto abbiamo attivato un telefono H24», ci spiega don Benedetto: «Tutti quelli che hanno bisogno di informazioni o di offrire un contributo di qualunque genere sono stati aiutati. In tanti vogliono ospitare. In tanti hanno voluto portare aiuti a tutti i costi. Ora disponiamo delle risorse più disparate, compreso un capannone in cui poterle immagazzinare per guardare al lungo periodo, per poter essere accanto anche durante la lunga fase della ricostruzione».

Una mano all’economia

Concluso un primo censimento dei bisogni, la Caritas sta portando avanti anche progetti mirati di aiuto per far sì che l’economia del posto non vada a rotoli. Soprattutto sostenendo gli allevatori, le fattorie, la gente che non ha nessuna intenzione di abbandonare il territorio. Uno sforzo che fa il paio con la decisione dell’Istituto diocesano sostentamento