Terremoto, dopo l’emergenza: le strade del «noi»

È sbagliato pensare di isolare Amatrice e Accumoli, per farne un “caso” specifico. È l’intera provincia a essere terremotata: per questo anche il discorso sulla ricostruzione dovrebbe essere colto in una prospettiva più generale

C’è stata una immediata mobilitazione in favore delle terre colpite dal sisma lo scorso 24 agosto. Da tutta Italia e in tanti modi diversi: con il sistema poco impegnativo dell’sms, mettendo in piedi e partecipando alle più varie forme di raccolta fondi, raccogliendo e donando ciascuno quello che ha potuto.

Reatini dal cuore grande

Sono stati messi insieme diversi milioni di euro, ma anche tanti beni necessari. Iniziative che continuano ad essere portate avanti da moltissime realtà in tutto il paese, ma con i reatini in testa. Un attivismo straordinario e inesausto che in fondo sembra coglierci tutti di sorpresa. Forse perché nell’emergenza abbiamo fatto la scoperta concreta e inaspettata di un’appartenenza comune.

A un tratto a nostra provincia è parsa qualcosa di meglio di un puzzle di territori inventato a tavolino, come se dalla solidarietà fosse emersa la prima stesura di una identità

Magari è solo il prodotto fragile dell’emozione del momento, pronto a cedere di nuovo il passo alle forze centrifughe. Al netto di altre considerazioni, la lite sul luogo dei funerali dei caduti esemplifica per bene un certo bisogno di separatezza, il mancato riconoscimento di una casa comune. Ma non per questo dobbiamo escludere il farsi avanti di un “noi”, pure se incerto, fragile, appena abbozzato.

Un’ipotesi di lavoro

Al contrario: è una possibilità su cui lavorare, se non altro perché certi problemi ci riguardano tutti. A partire dalle strade: nei giorni più difficili, con la Salaria malmessa, raggiungere le zone terremotate è stato davvero complicato. Una difficoltà ben presente anche in altre aree del reatino, con la quale in questi giorni si è scontrata anche la macchina dei soccorsi. Un impatto che ha mostrato quanto le rivendicazioni di tanti sindaci e tanti concittadini sul tema siano appropriate e urgenti.

E allora viene da chiedersi se non sia il caso cogliere nell’emergenza l’occasione per mettere insieme le tante opere in sospeso per portarle a compimento. Un intervento straordinario, capace di superare gli inciampi e le lungaggini, andrebbe invocato in un’ottica di sistema, per evitare che la ricostruzione dei paesi crollati avvenga sullo sfondo di un contesto morente, asfissiato dall’isolamento.

La rivendicazione non è impossibile, ma richiede, per l’appunto, una unità di intenti, un’identificazione, un sentirsi, in un certo senso, tutti terremotati.