Chiesa di Rieti

Terremoto e beni culturali: il coronavirus non ferma la ricostruzione

Grazie allo smart working l’attività degli uffici della diocesi non si ferma. Compresa quella legata alle attività del post terremoto

(da andareoltre.org) Le stringenti misure richieste dalla pandemia incidono senza dubbio anche sul processo di ricostruzione avviato in seguito al sisma del 2016. Per quanti vivono nelle Sae, il pericolo del contagio è un’ulteriore fonte di isolamento e disagio. Si respira un’atmosfera sospesa, il cui tratto più evidente sono i cantieri, fermati dai decreti del Governo. Ma non tutto è in stallo: l’attività amministrativa procede ed è altrettanto importante di quella esecutiva. Sono attivi gli uffici del Commissario alla Ricostruzione, va avanti pure l’attività del Genio Civile, dell’USR Lazio, del MiBAC. E anche per l’Ufficio diocesano per i Beni Culturali e l’Edilizia di Culto il lavoro prosegue, rimodulato secondo le esigenze del momento.

Non è possibile svolgere sopralluoghi, verifiche o opere di edilizia, ma si va avanti con l’istruttoria dei progetti, si seguono le pratiche aperte, si lavora alle procedure da seguire per la realizzazione degli interventi previsti. C’è da completare l’iter delle messe in sicurezza – e anche in questo tempo di emergenza sanitaria può rendersi necessario qualche intervento urgente per la conservazione dei beni culturali – ma soprattutto c’è da lavorare sulla fase di ricostruzione vera e propria, che vede la diocesi impegnata su circa 80 edifici di culto.

Una notevole mole di pratiche, disegni, progetti che vengono seguiti in smart-working dagli operatori della diocesi. Vanno così avanti la rendicontazione dei progetti conclusi, i pagamenti alle imprese e ai professionisti, i rapporti con le amministrazioni locali e statali. Pure l’importante progetto di Casa Futuro continua il suo percorso verso la messa in cantiere, cercando di seguire il passo del cronoprogramma stabilito.

Fisicamente in ufficio c’è una sola persona, che coordina il lavoro, firma le carte, segue gli aspetti tecnici. E in attesa del ritorno degli operatori, i computer sono stati tutti radunati in un’unica stanza: un po’ per comodità, e un po’ per avere l’illusione di stare ancora a lavorare gomito a gomito, in attesa di poter fare a meno di chat e riunioni via skype.