Contro l’ateismo anonimo

Restituire le città alla loro dimensione relazionale. Come propone Scola

Quanto mai stimolante è la riflessione sulla città contenuta nella nuova lettera pastorale del cardinale Angelo Scola. Vi scopriamo osservazioni che travalicano i confini di Milano e provocano interrogativi su trasformazioni culturali e sociali.

In “Il campo e il mondo. Vie da percorrere incontro all’umano”, così è intitolata la lettera, si segnalano le contraddizioni delle metropoli e le fragilità che richiedono di essere affrontate: già la stessa immagine di copertina che raffigura centro e periferia assembla dimensione religiosa e dimensione degli affari, lascia immaginare ricchezze e povertà, gioie e sofferenza.

Si denuncia una forma di “ateismo anonimo” nella cultura popolare ancora pervasa dai valori cristiani: insomma si vive nella pratica quotidiana come se Dio rimanesse ai margini, in un cantuccio. Il cardinale si chiede come affrontare questa forma di separazione tra fede e vita che incide in profondità, nell’anima di una città che impedisce una convivenza a misura d’uomo.

Il contesto, però, ha una sua influenza sulla diffusione di una mentalità. Quando pensiamo alla struttura delle nostre città, dovremmo ripartire proprio dalla ricerca della sua anima per affrontare le sue contraddizioni.

Povertà, delinquenza, inquinamento, strade congestionate incidono sulla qualità della vita dei cittadini, sulla gestione del loro tempo e sulla percezione della loro sicurezza. Ma fatichiamo a trovare gli interventi adeguati. L’osservazione del paesaggio urbano ci mostra come s’immagina lo stile di vita del cittadino: pullulano i centri commerciali a scapito dei negozi di quartiere; si contraggono i parchi e i giardini pubblici a favore dei parcheggi multipiano e dei centri benessere polifunzionali. Lo spazio del business invade quello delle relazioni.

Il sociologo Georg Simmel descriveva le nuove realtà urbane di fine Ottocento come luoghi di un anonimato spersonalizzante e liberante, dove le persone vicine le une alle altre tranquillamente vivevano senza conoscersi.

Oggi si parla delle “smart city”, metropoli che attraverso l’applicazione delle nuove tecnologie dovrebbero ridurre gli spostamenti e il relativo traffico, eliminare le difficoltà di gestione del tempo, aumentare il livello di sicurezza degli abitanti. Dentro la nuova prospettiva la città da luogo dell’individuo “solitario e libero” torna a essere luogo d’incontro. Affidarsi alla sola tecnologia, però, rileva la mancanza di ricerca di un’anima che è connessa alla cultura di una città.

La città è nata come spazio di relazione, luogo privilegiato del mercato, della politica e della religione il suo destino sarà influenzato dalla capacità di rispettare questa sua vocazione. Dentro la cultura dell’incontro, della valorizzazione del rapporto tra senso civico esteso e decisioni politiche dell’amministrazione, la città diventa contesto di contaminazioni virtuose che possono sprigionare creatività. Dentro una città a misura d’uomo anche la deriva dell’ateismo anonimo avrà meno terreno sul quale attecchire.