Un nuovo inizio

Il Vescovo: «Gli snodi del nostro cammino non devono farci rallentare o ridurre l’attività, semmai devono incrementare i nostri sforzi fino all’ultimo istante».

Si è tenuto il 9 settembre in Cattedrale l’avvio del nuovo anno pastorale della Diocesi di Rieti. «Ci vedrà impegnati – ha spiegato il vescovo Delio Lucarelli durante l’omelia – almeno su due principali fronti: quello della catechesi e quello della famiglia».

Famiglia e catechesi

Infatti, prima della Messa, i responsabili dei due settori, hanno ampiamente presentato i temi e le prospettive che si aprono nel percorso diocesano.Ha aperto i lavori don Fabrizio Borrello (clicca qui per il video), direttore dell’Ufficio Pastorale per la Famiglia, introducendo i presenti al percorso che vede coinvolte e interpellate tutte le componenti ecclesiali, e non solo, in vista del prossimo sinodo straordinario sulla Famiglia.

A don Marco Tarquini (clicca qui per il video), invece, direttore dell’Ufficio per la Catechesi, il compito di presentare i nuovi orientamenti elaborati dai vescovi italiani nel documento “Incontrare Gesù”.

Spunti dal Vangelo

Da parte sua, il vescovo ha tratto ulteriori lezioni dalla lettura del Vangelo, un passo già ampiamente commentato nella Lettera Pastorale “Al Pozzo di Giacobbe”.

«La Samaritana e Gesù – ha spiegato mons. Lucarelli – sono protagonisti di un incontro che ci fornisce in modo sorprendente elementi di riflessione, in ordine ad entrambe queste dimensioni. Gesù ci offre contenuto e metodo della catechesi e dell’annuncio: riguardo al contenuto Egli parla alla donna del Tempio, del piano di Dio riguardo al suo popolo e alla salvezza, della ricerca di Dio e dell’incontro con Lui; quanto al metodo Egli si intrattiene con la donna e la provoca, parte dalle domande che lei stessa si pone e la accompagna per gradi e con sapienza alla conoscenza e all’accoglienza della verità, che è Gesù stesso».

Ma anche riguardo alla famiglia, ha sottolineato il presule, «Gesù dà il suo lapidario insegnamento e lo fa senza giudicare e senza recriminare. Non annacqua la verità e non la ammanta di ipocrisia, ma neppure umilia la donna dai tanti mariti, né la fa sentire esclusa e perduta».

Il vescovo ha quindi focalizzato il punto in cui Gesù chiede da bere alla Samaritana: «È vero che sarà Lui a darle l’acqua viva che zampilla per la vita eterna, ma per incominciare è Lui che chiede acqua. Egli si pone in ascolto». In questo atteggiamento mons. Lucarelli coglie «un punto essenziale per rivedere il nostro modo non solo di fare catechesi, ma anche di relazionarci con la nostra gente. Spesso – ha spiegato – noi iniziamo dando risposte, mentre dovremmo cominciare con le domande: cosa si aspettano un bambino e un ragazzo da noi, cosa si aspettano i loro genitori! Essi si pongono domande molto pratiche, ma dietro queste vi è una grande sete di Dio, una grande voglia di Dio e di Gesù. Sono domande che a volte sono esplicite, chiare, ma sovente sono mimetizzate e nascoste da fatti anche molto tristi della vita. Ecco, dunque, che siamo noi a dover chiedere qualcosa alla nostra gente ai nostri ragazzi e ai nostri bambini, perché anche loro trovino la forza di presentare le loro domande, la loro richiesta di “acqua”».

Un altro aspetto saliente, secondo il vescovo, è che «l’incontro di Gesù è un incontro personale. È vero che spesso Egli parlava alle folle, ma gli incontri più toccanti sono quelli “a quattr’occhi”. Sono quelli più difficili e anche più rischiosi, ma anche quelli più promettenti e sorprendenti. A noi ministri consacrati piace parlare nelle chiese piene, anche perché pensiamo di poter ottenere un risultato maggiore, ma in realtà non è così. I risultati migliori li otteniamo con l’incontro personale, perché attraverso questi incontri le persone capiscono quanto ci stanno a cuore: quell’uomo, quella donna, quel ragazzo! Non un’assemblea, una folla, quasi anonima. Attraverso questi incontri vedono quanto noi siamo“afferrati da Cristo”, quanto lo viviamo, quanto lo abbiamo in noi!»

Questioni di stile

Rifacendosi poi agli scritti del servo di Dio Guglielmo Giaquinta, per molti anni vescovo di Tivoli, il vescovo ha sottolineato che «il “massimalismo” dell’amore cristiano si raggiunge per gradi e con impegno, con fatica».

«La profondità del cristianesimo», ha aggiunto il presule, va comunicata «a partire dai suoi tratti umani, di uomo “buono”, di uomo del dialogo e del confronto. È vero che Gesù è stato in alcuni momenti anche molto duro con gli uomini del suo tempo, con i sacerdoti, i farisei, gli scribi, ma quelle sono state eccezioni, non uno stile, non la regola!»

Elaborare vie nuove

Dal «dibattito del Sinodo dei Vescovi sulla famiglia» ha avvertito mons. Lucarelli, «non aspettiamoci chissà quali innovazioni, ma neppure dobbiamo pensare che non cambierà nulla. Dobbiamo avere fiducia nell’opera dello Spirito e nell’intelligenza delle persone! Intanto credo di poter dare qualche indicazione pratica, che vorrei fosse valutata seriamente all’interno dei consigli pastorali. Organizzare mensilmente incontri di catechisti e operatori pastorali per trovare vie nuove per la catechesi e l’attività pastorale, a partire dal documento dei Vescovi: “Incontriamo Gesù”. Promuovere incontri con le famiglie in cui le domande siano suscitate a partire dalla nostra richiesta a loro di darci “acqua”. Di farci capire da dove partire. Tutto questo noi lo facciamo sapendo da dove partiamo e dove siamo diretti».

Un nuovo inizio

«Il prossimo mese di novembre – ha concluso il vescovo – allo scadere del mio 75° anno di età, presenterò al Papa la lettera di rinuncia all’ufficio, per raggiunti limiti di età. Sono snodi del nostro cammino che non devono farci rallentare o ridurre l’attività, semmai devono incrementare i nostri sforzi fino all’ultimo istante. Sono pietre per la costruzione di un edificio spirituale ben più laborioso di quello materiale. In questo giorno della dedicazione della chiesa cattedrale, vorrei invitarvi a dedicarci ancora alla Chiesa. A dedicare le nostre risorse ed energie a questa nostra Chiesa, nel dialogo e nell’umiltà, che sono il cemento che tiene unite le pietre. Siamo non alla fine, ma ad un nuovo inizio, dunque: buon lavoro!»

Le linee guida dal Vicario

Al termine della celebrazione, il vicario generale don Jaroslaw Krzewicki ha proposto una veloce sintesi del programma pastorale articolando il discorso su due cardini: Chiesa famiglia, e Chiesa madre. La prima «nasce dal battesimo, si riunisce attorno ad una mensa eucaristica, cresce grazie ai doni dello Spirito Santo, si rinnova nel perdono, e serve». La seconda «pensa ai suoi figli, giovani e anziani, nativi o venuti da lontano, dal centro e dalle periferie, madre dei pastori feriti, dei divorziati e dei ribelli. È la Chiesa dell’ascolto, di poche parole, e dei fatti concreti».

Quindi don Jarek ha presentato diverse proposte di lavoro e le iniziative già in programma, chiedendo per a riguardo «la collaborazione, la conoscenza e l’organicità nella vita della nostra Chiesa. Mancano rapporti su vari livelli, come se esistessero le realtà separate e parallele. Non è una critica – ha rilevato il Vicario – ma un dato di fatto».

E tuttavia il problema non sembra insormontabile: perché «il tema pastorale serve per raggiungere gli obbiettivi, serve a imparare e a sperimentare come essere Chiesa, più famiglia e più Madre. L’intento di questo programma è solo di dare continuità a quello che si è fatto o si voleva fare. Serve per rimanere in piedi, senza mettersi in attesa con le lampade spente. Non sappiamo quando il Signore verrà, ma sappiamo che, nel momento opportuno e ancora incerto, dovrà venire anche nella persona del nuovo pastore di questa Chiesa diocesana. Guardando le sensibilità personali di coloro che hanno coltivato il terreno fertile e sassoso della Diocesi, pensiamo innanzitutto che l’unico pastore che pascola il suo gregge da almeno quindici secoli a Rieti, è Cristo stesso, e noi dobbiamo riconoscerlo in mezzo a noi in colui che ci è stato donato e ci sarà mandato nel Suo nome».