Il vescovo: «nella lotta tra il bene e il male la vittoria è della luce»

Nella mattinata del 29 settembre, è stato il vescovo Pompili a celebrare la Messa Santa Messa in occasione della Festa di San Michele Arcangelo, Patrono della Polizia di Stato. E proprio la «guerra nel cielo» combattuta contro il drago da «Michele e i suoi angeli» ha offerto a don Domenico la possibilità di offrire una prospettiva di senso al servizio degli agenti.

Ricordando che l’Apocalisse è una «ri-velazione che lascia trasparire il senso della storia». E a dispetto di «uno scenario terrorizzante che incute paura e nevrosi» questa «non è destinata al caos e alla dissoluzione, ma ad un esito positivo che passa attraverso le strettoie di una lotta antica e sempre nuova: quella tra il bene e il male». Nella visione di Giovanni, spiega il vescovo, i due principi non sono equivalenti: «vi è uno scontro tra Michele e il drago, ma la vittoria è della luce. L’uomo rimane libero e deve solo decidere da che parte stare».

Si tratta allora di «prendere le distanze da tutte quelle visioni oggi assai diffuse che tendono ad inscenare una guerra dagli esiti incerti, quasi che il bene abbia la stessa forza del male. In realtà – ha sottolineato mons. Pompili – il male ha il fiato corto e nonostante raccolga qualche vittoria, non riesce mai ad affondare definitivamente l’attesa del bene che c’è nel cuore di ogni uomo, anche il più malvagio».

Di conseguenza il presule ha richiamato gli uomini e le donne della Polizia di Stato, chiamati per professione a tutelare il bene comune, garantendo alla comunità incolumità e rispetto della legge, ad avere «sempre chiara questa percezione: se il bene e il male fossero sullo stesso piano si avrebbe da temere, ma poiché il bene, identificato con l’arcangelo Michele e i suoi angeli, ha la meglio, si può star certi che la vita è custodita e benedetta».

«Naturalmente questo non toglie che ciascuno debba metterci del suo» ha aggiunto don Domenico. Infatti il testo dell’Apocalisse aggiunge che “essi lo hanno vinto […] (perché) non hanno amato la loro vita fino alla morte”. «Vuol dire che si resiste al male se non si mette l’amor proprio, cioè la propria vita, prima e sopra gli altri. La legge infatti si riassume in un solo comandamento: “Non fare agli altri quello che non vuoi che gli altri facciano a te”. Dentro questa massima, che è attribuita al Maestro, ma può essere condivisa da tutti, c’è la strada esigente del lavoro quotidiano di un tutore dell’ordine che vigila su se stesso e quindi sugli altri. Il servizio di polizia non è sopra questa legge dell’altro ed anzi è sottomesso ad essa se vuole garantire l’efficacia del suo compito».

«La gratitudine di tanti per il senso di tranquillità che la vostra presenza suscita, nonostante le difficoltà che state attraversando per la spending review che non risparmia nessuno, è la prima forma di ricompensa civile che dovete avvertire specie nei momenti più delicati e difficili del vostro servizio» ha concluso il vescovo.