Anniversario del terremoto

Il vescovo ad Accumoli: «Le vittime del terremoto ci dicono che qualcosa è cambiato e definitivamente. Ma non è l’ultima parola»

Terremoto Centro Italia, Messa ad Accumoli. Mons. Pompili: «siamo nelle mani delle istituzioni e della macchina pubblica, che ci hanno assicurato che questi luoghi torneranno a vivere»

«In questi interminabili anni alle nostre spalle mi sono chiesto spesso che cosa ci direbbero quelli che non sono più tra noi. Non ho trovato una risposta puntuale, se non immaginaria. Ho percepito però un grido che sale dalle tante, troppe, vittime di questo evento catastrofico: non siate superficiali! Non separate mai la vita dalla morte, la giovinezza dalla vecchiaia, in altre parole la vitalità dalla noia. E oggi ce lo ripetono sommessamente: non commettete l’errore di riprendere tutto come se nulla fosse accaduto! Qualcosa è cambiato e definitivamente. Ma non è l’ultima parola».

Lo ha detto mons. Domenico Pompili, vescovo di Rieti, celebrando stasera ad Accumoli la messa per ricordare le vittime del terremoto che il 24 agosto di 4 anni fa devastò il Centro Italia. Riprendendo il Salmo 90 che invita a pregare “Insegnaci a contare i nostri giorni e acquisteremo un cuore saggio”, il vescovo ha parlato di «un cuore che sa ascoltare senza fretta il dolore che permane e logora tutti, introducendo a piene mani stanchezza, impotenza, rabbia. La saggezza, al contrario, ci fa lucidi, vigilanti, sobri. E ci invita a camminare coi piedi per terra, senza smettere di guardare in alto. Dobbiamo riprendere a camminare così. Lo dobbiamo, anzitutto, ai più piccoli che sono tra di noi: i bambini e i ragazzi, ma anche questi luoghi che già hanno conosciuto l’abbandono e non meritano il deserto».

«Occorre pregare perché tra di noi e in capo alle istituzioni ci siano uomini e donne senza falsità», ha aggiunto mons. Pompili che poi ha posto il quesito: «Ce la faremo? Questa – è stata la risposta – è la domanda che serpeggia nell’animo di tutti, dopo anni di promesse e di incertezze. Sì, anche noi vogliamo dare fiducia ancora a chi è chiamato a guidare questa ricostruzione che dopo quattro anni è ancora più urgente ed indilazionabile. Siamo nelle mani delle istituzioni e della macchina pubblica, che ci hanno assicurato che questi luoghi torneranno a vivere. Ma anche nelle mani di chi dovrà tradurre questo impegno senza lasciarsi fuorviare da altri interessi. E soprattutto – ha concluso il vescovo di Rieti– nelle nostre mani che non possono restare inerti o nostalgiche, ma debbono ritrovare l’energia e la voglia di ricostruire insieme. Soltanto così il soffio vitale che c’è in ognuno di noi tornerà a far risplendere il sole su questa terra».