Giordani (Sabina Radicale), questione l’alberghiero: gli argomenti sono così diversi da quelli del Laziogate?

Quando nel luglio 2011 i consiglieri radicali in Regione, durante la discussione del piano casa – oggi impugnato dal governo – chiesero il rispetto del regolamento, Franco Fiorito (solo oggi assurto a notorietà universale) si alzò e li apostrofò «noi facciamo politica, facciamo amministrazione; le regole non sono l’oggetto del nostro lavoro».

Questo episodio mi è venuto alla mente assistendo al braccio di ferro che Fabio Melilli ha intrapreso con Sindaco, Assessore e buona parte del Consiglio, i quali esitano nel concedere la variante al PRG per costruire l’Istituto Alberghiero.

Non ci interessa qui analizzare se il pericolo di inondazione sia reale, o che problemi di viabilità deriverebbero dalla scelta; piuttosto vorremmo evidenziare quello che per noi radicali è il punto fermo: il rispetto delle norme, delle regole e delle leggi che questo Paese, questa classe politica si è dato. Le leggi (o in questo caso il regolamento che limita la edificabilità in certe zone, e di conseguenza il progettare qualcosa lì solo se è già riconosciuto che non esistono più le controindicazioni di legge) esistono nelle società umane, e specialmente in quelle che si vogliono chiamare democrazie, per proteggere coloro che altrimenti non avrebbe difesa: i cittadini più deboli, così come anche la natura, gli animali, e le future generazioni.

Passare sopra le regole e le procedure come si vuole fare qui, come è stato fatto a Micigliano, o (se la magistrature penale e amministrativa accerteranno) a Passo Corese o per i Piani Integrati, è ogni volta una crepa nello stato di diritto; oltre alle ferite visibili o contabili, crea un danno a volte non visibile immediatamente, ma che penetra, si allarga e ramifica in tutti i meccanismi del vivere sociale, ed è la chiave (causa ed effetto) del degrado amministrativo, politico e morale che oggi viviamo.

Esiste poi un’altra pratica assai diffusa che è richiamata in questa vicenda ed anche in altre, e che i tempi ci consiglierebbero di abbandonare; ci riferiamo alle motivazioni «si perde il finanziamento!»: sembra quasi che i soldi di un finanziamento “perso” vengano bruciati, e non invece resi disponibili per qualcosa di utile per i cittadini qui o altrove (un “altrove” per il quale va però considerato che noi possiamo essere l’altrove di qualcun altro). Non è certo il convitto di questo caso, ma quante opere inutili o anche dannose abbiamo visto finanziare con le nostre tasse, qui o altrove, «per non perdere il finanziamento»? È così diverso, questo ragionamento, da quello dei gruppi consiliari della Regione Lazio che, con l’eccezione dei radicali, non spendevano solo quello che gli serviva, ma tutto quello che ricevevano, «per non perdere il finanziamento»?