Fratres: donare il sangue? Quasi una rivoluzione!

Da qualche settimana è possibile recarsi al centro trasfusionale affidandosi all’Associazione di donatori Fratres di Rieti. Una realtà che nella sacca di sangue non guarda solo un dato epidemiologico o un bisogno medico, ma punta ad un discorso più umano e solidale. Sentimenti che affiorano dalla lettera di un donatore arrivata in redazione e che pubblichiamo di seguito.

Sono le 7:30 del mattino, sto uscendo di casa. È un orario insolito per me, abituato a prendermela comoda. Salgo in macchina e mi avvio per uscire dal centro città. Passo a fianco della chiesa di Sant’Agostino e vedo camminare, un po’ ricurvo ed incerto, un barbone.

E se fosse destinato a lui il sangue che sto andando a donare? Una persona anziana, che forse ha avuto poco rispetto del suo stesso corpo. Giro l’angolo e incrocio una ragazza di colore. Anche pensando a lei, d’istinto, penso se per caso il mio sangue potrà servirle.

Penso a quanto è bello vivere in un Paese che aiuta indistintamente tutti, anche chi viene da fuori. Rimango un po’ interdetto di essermi posto queste domande e cerco di scacciarle indignato da me stesso. In realtà quando i miei amici mi avevano suggerito di iniziare a donare il sangue ho accettato, nonostante la mia scarsa dimestichezza con gli aghi, pensando che avrei potuto aiutare un bimbo.

Forse però è proprio questa la bellezza e l’unicità del gesto che sto per compiere. Dono il sangue senza sapere a chi sarà utile, forse addirittura indispensabile. Potrà giovarne il mio vicino di casa fastidioso, l’automobilista con cui mi sono insultato un mese fa o il ladro che ha rotto il finestrino della mia auto.

Quando arrivo al centro trasfusionale in ospedale mi accorgo che i donatori non sono affatto pochi. Il clima è rilassato e scherzoso, quasi mi distrae dall’ansia che ho come esordiente della donazione. Operatori e donatori sembrano collaborare, mi sembra di percepire una certa complicità. Il tutto si svolge con professionalità e semplicità, senza enfasi, si vede la tv, si parla delle notizie di giornata, i donatori abituali al loro arrivo salutano come quando si entra in un bar.

Eppure, penso, questo gesto ha un qualcosa di rivoluzionario in una realtà competitiva ed egocentrica come la nostra. Donare il proprio sangue senza sapere chi ne gioverà non è in se una piccola rivoluzione? Consiglio a tutti coloro che possono di provare a farne parte almeno una volta perché forse è anche da qui che bisogna ripartire per provare a stare tutti un po’ meglio.