La forza della moneta unica europea grazie alle scelte del BCE

Dopo molte incertezze soprattutto politiche, la moneta unica di molti Paesi europei si sta imponendo come la valuta numero uno al mondo.

Donald Trump fa le bizze e l’economia americana non si sa in che direzione stia andando? Si comprano euro. Le monete orientali si svalutano e poi chi le vuole? Si acquistano titoli in euro. La sterlina soffre una Brexit sempre più tortuosa? Meglio posizionarsi sull’euro. Il franco svizzero è carissimo e ha dietro solo un piccolo Paese? È preferibile puntare sull’euro.
È così che, dopo molte incertezze soprattutto politiche, la moneta unica di molti Paesi europei si sta imponendo come la valuta numero uno al mondo, grazie alla forza di una Banca Centrale che ha saldamente al timone Mario Draghi e che ha difeso l’area-euro con intelligenza ed energia, l’ha fortificata, l’ha immunizzata dai virus greci, spagnoli e italiani con il quantitative easing.
Quindi, economicamente parlando, siamo a posto. Dietro l’euro c’è un coacervo di economie che – messe assieme – fanno la maggior potenza mondiale (a trazione tedesca), in netta ripresa economica, nel mercato più ricco del mondo.
Il problema era soprattutto politico, con una serie di partiti e movimenti che avevano nel Dna la voglia di sbaraccare l’euro-zona e di tornare alle monetine locali. In nome della sovranità monetaria che, oggi, sarebbe automaticamente sudditanza verso le monete più forti.
Ebbene, dall’Austria all’Olanda, dalla Francia alla Finlandia, le recenti tornate elettorali ed evoluzioni politiche stanno mettendo in retroguardia proprio quelle forze politiche ostili all’Europa unita in generale e all’euro in particolare. L’Italia deciderà il da farsi alle prossime elezioni politiche, previste al massimo per la primavera prossima; ma l’aria che tira è quella di non esagerare i toni anche da parte di chi fino ad oggi ha sbandierato il no-euro.
Bene così. E la situazione è paradossalmente buona. Perché a moneta forte di solito corrispondono esportazioni deboli (si svaluta soprattutto per recuperare competitività sul fronte dei prezzi). E invece i grandi Paesi esportatori, Germania e Italia in primis, stanno macinando record su record. Lo fanno perché hanno buoni prodotti da vendere (auto, farmaci, moda, vino, macchinari…). E il buon prodotto si sceglie appunto più per la bontà che per il prezzo.
Nel contempo, la stabilità dell’area euro sta attirando fiumi di capitali nelle nostre aziende e nei nostri asset territoriali, mattone anzitutto. Le recenti sanzioni decretate da alcuni Paesi arabi nei confronti del piccolo, ma ricchissimo Qatar, hanno scoperchiato la ragnatela di interessi economici che gli emiri locali hanno dalle nostre parti: dalla Costa Smeralda ai grattacieli milanesi; dalle case di moda alle catene alberghiere fino alle banche.
Fanno i loro interessi, che sono anche i nostri. I petrodollari tornano qui piuttosto che in altre zone del mondo, sostenendo le nostre economie. O cominceremo a chiamarli petroleuro?